198 Presso al quale trovavansi ancora il 12 maggio, giorno della solenne rinunzia della Repubblica veneta aristocratica, i tre deputati Donà, Giustinian e Mocenigo, trattando in favore d’un governo che già più non era. Non avendo trovato il Bonaparte a Mestre, si erano trasferiti a Mantova, ove giungevano il giorno 5, quando egli se n’era già partito per Milano. Colà adunque si diressero, e vi arrivarono la domenica 7, ove il Mocenigo, che li avea preceduti, era stato ben accolto dal generalissimo, ed avea ottenuto un prolungamento dell’armistizio per altri otto giorni, notizia eh’ egli si affrettò di trasmettere a Venezia. La mattina del lunedì videro l’Haller, il quale di pinse loro l’incertezza in cui versava il Bonaparte tentato d’accettare l’offerta di tre o quattro milioni, ma imbarazzato pei compensi che avrebbe dovuto dare alla Repubblica a ristorarla degli Stati disposti pel trattato di Leoben, senza di che trovava repugnante all’animo suo il prender danaro (1). Alla sera i deputati furono benevolmente ricevuti dal Bonaparte, il quale disse loro : « Ogni cosa è finita ; le differenze provenivano da quelli che avete punito, io ne sono pienamente soddisfatto ; la Francia non ha più rancore contro la Repubblica di Venezia; non è nostra intenzione di ritenere le vostre piazze, le quali vi saranno tutte restituite. Ma c’è una difficoltà ed è che ora municipalizzate come sono, non vorranno tornare all’ antico governo, senz’ avervi parte anch’ esse. » Essendosi mostrati i deputati disposti a questa concessione, il discorso si aggirò sul modo di effettuare il mutamento, e sulla necessità in ch’era l’antico governo di rinunziare a’ suoi diritti inconciliabili colla istituzione di un governo rapii) Esattó Diario ecc. arch. Grimani, e altro a stampa Bibl. Misceli. 161.