47 v’ entrare per nulla i Francesi, sarebbe il comandante di Bergamo sottoposto a severa inchiesta a Milano. Soggiunsero i deputati : più che del passato trattarsi dell’ avvenire, che troppo interessava i più eminenti riguardi del Senato rimettere in quelle provincie la tranquillità ; userebbe dolcezza coi traviati, ma occorrendo la spedizione di forze atte a tenere in fede ed in vigore i leali e fedeli, diveniva la posizione assai delicata ed imbarazzante, dacché i Francesi tenevano i castelli da’ quali pregavano volesse perciò ritirarli, ora che pei rapidi progressi del suo esercito in Germania sembrava che quell’occupazione non dovesse più importare alle militari occupazioni. Mostrò Bonaparte, che anzi tale occupazione non cessava d’essergli necessaria, dovendo ogni generale prudentemente assicurarsi la ritirata, pel caso d’ un rovescio ; riflettesse però il Senato, che se l’uso della forza non fosse riuscito e le armi venete fossero respinte dagli insorgenti, correrebbe evidentemente rischio per così funesta esperienza di accelerare l’insurrezione anche nelle altre provincie nelle, quali non eragli ignoto esistere già qualche germe ; che quanto a lui, il mezzo più proprio ed efficace gli sembrerebbe quello d’interessare la potenza francese di mantenere 1’ ordine, e eh’ egli volentieri se ne sarebbe addossato l’incarico. Rimasero a tali parole stupefatti e dolenti i deputati, e affacciandosi alla lor mente tutte le funestissime conseguenze di tale profferta, non lasciarono di fargli osservare che l’influenza di una potenza straniera per ricondurre i popoli alla fedeltà ed obbedienza verso il legittimo sovrano non avrebbe potuto che intieramente controperare a questo delicatissimo fine, col disprezzo in che ne sarebbe venuta la potestà governativa, alla quale sola incombeva il disporre de’ mezzi più atti a ridurre in calma, e tutt’ al più poteva rendersi opportuna qualche amichevole cooperazione. Si scusò dicendo che in mezzo al