* 187 pericolo imminente che sovrastava alla costituzione della Repubblica, dichiarò 1’ inutilità di qualunque progetto, da quello in fuori della difesa e della tranquillità che mantener doveasi nell’ interno della capitale, insistendo sulla necessità di cercare i mezzi più adattati ad allontanare le ostilità dei Francesi, i quali avevano deliberato fermamente di vendicare il sangue del Laugier, come poteva testificare egli medesimo per le tante conferenze avute col ministro Lallement (1). Soggiunse il procurator Antonio Cappello che 1’ orizzonte politico era oscuro, ignoto il trattato di Leoben, necessario il non allontanarsi in verun modo dalla massima di difesa, decretata tante volte dal Senato. Si è quindi passato alla lettura di alcune carte, finita la quale il doge doveva proporre, ma i Savii usciti divagarono ancora il discorso volgendolo intorno alle scritture del Lallement, alle notizie di Terraferma e alla persona che avrebbe a presentare lo stato delle cose al Maggior Consiglio e proporre la parte relativa che autorizzasse i deputati, non ancora ritornati a Venezia, a convenire d’un trattato. Siccome poi per legge fondamentale della Repubblica si richiedeva che avessero da lasciarsi scorrere otto giorni fra la proposizione di una Parte e la sua ballottazione, così temevasi funesto tale indugio, e profittando, a suggerimento del Valaresso, del privilegio che aveva il solo doge di poter proporre e far ballottare sul momento una Parte, fu deliberato che il doge stesso avesse da incaricarsi della sposizione delle cose al Maggior Consiglio, e della proposizione del disegnato partito. Così era scorsa qualche ora della notte, quando fu veduta consegnare in gran fretta nelle mani del Savio alla (1) Filza Cicogna N. 252, foglio della Consulta della domenica 30 aprile, e Raccolta cronol., II, 217. Vol. X. ip