28 L’ISOLAMENTO DELLA CITTÀ navi che tentavano sfuggire al blocco. Parecchi degli emigrati erano andati in servizio della Repubblica, veneta. In un documento posteriore di alcuni anni, scritto dallo stesso Pietro Bonomo, si osserva che Trieste era rimasta allTmpero soltanto perché i Veneziani si stancarono sotto Gradisca e Marano e non pensarono invece che più utile e più facile per loro sarebbe stato il prendere la città. Furono creati in Consiglio altri sei « Savi per la guerra » (Giovanni Sainost, Michele de Basilio, Francesco Chiozza, Giovanni Belli, Domenico de Burlo e Pietro de Toffani) e questi, insieme al Consiglio maggiore, ebbero come principale occupazione il protestare e il dir di no. La popolazione era paralizzata dal dominio tirannico della fazione che teneva il potere. Ai primi d’aprile vi furono vivaci e inutili agitazioni popolari contro il Consiglio. Nello stesso mese quei del Comune accettarono d’inviare ambasciatori a Lubiana per udire le conclusioni della dieta d’Augusta circa la guerra: ricusarono invece di dare uomini e danaro, anzi fecero acerbe doglianze contro i mancati soccorsi. Con queste ripetute ricuse, più o meno cerimoniose, si provocarono nuovi sospetti e le inimicizie dei comandanti le truppe di Massimiliano. Si disse allora che nella città vi fossero non meno di cinquanta traditori. Più gravi furono le controversie con Cristoforo Frankapan o Frangipani, capo delle truppe croate operanti sui Carsi e nellTstria. Le relazioni con questo pezzo grosso dell’impero, probabilmente causa un diniego di uomini o di viveri, assunsero un’asprezza degna di acerrimi nemici. Il Consiglio mandò al Frankapan Bertone de Francol per praticare un accordo. Male gliene incolse. Poiché il Frankapan fece rei i Triestini di avere voluto ucciderlo con veleno e uscì in minacce e in contumelie. Giudici e Consiglio gli scrissero smentendo l’accusa. Ma egli non se ne diede per inteso. E mandò il suo cappellano con una missione ingiuriosa dentro la città. Nemica la gente di San Marco, nemica la gente dell’imperatore: la città era davvero spiacente a Dio e ai nemici suoi. Ogni sua domanda, ogni suo ricorso, ogni sua protesta cadevano nel vuoto. Era senza viveri, sfiancata, affatto inerte dinanzi ai Veneziani e bramosa di pace. Raccontarono alcuni stradiotti che, avendo catturato un carico di vettovaglie diretto a Trieste, i Triestini che lo guidavano