174 L’INSUCCESSO DELLE FIERE Sospetti e diffidenze suscitò l’intendenza commerciale per il Litorale, creata nel maggio a Lubiana, di cui fu capo il Gallenberg e che parve sottomettere Trieste alla Carniola. Ma impressione ben maggiore aveva suscitato, prima di questo, un altro decreto: quello del 25 marzo 1731, che aveva dichiarato fallita la Compagnia Orientale. Inaugurata con questi tristi auspicii, la fiera fu visitata, secondo una relazione pubblicata dal Beer (altre relàzioni'sono più ottimistiche), da un mercante tedesco di Venezia: nessnno venne dal resto d’Italia, tranne alcuni Goriziani e alcuni Fiumani; nessuno venne dall’Austria e dalla Germania; dal Levante un paio di commercianti. Approdarono una settantina di bastimenti: ma le merci rimasero incagliate. Novan-tadue sensali popolarono la fiera, di cui cinquanta ebrei, per rendere onore, si diceva, al Cervelli, « che si faceva credere uscito dal giudaismo ». Mancarono però capitali e affari. E il fiasco fu completo. Si rinnovò, poi, ancora una volta nel 1732. Gli organi del governo accusarono i Triestini, ritenendoli responsabili degli insuccessi del porto franco. Il conte Gian Pietro Arrivabene, membro dellTntendenza, in una lettera pubblicata dalla signorina Iacchia, si scaglia vibratamente contro i Triestini. « Giacché, dice, dopo tanti anni che si travaglia con tanta assiduità, con tanto studio c con dispendio all’introduzione e stabilimento di commercio a Trieste, non si può dire che vi sia stato un solo Triestino capace d’intraprendere un solo negozio del valor di 100 fiorini; cosa che fa orrore a sentirsi e che fa ben chiaramente conoscere quanto sieno lontani di cooperare in veruna maniera a mettere in esecuzione le per altro sacrosante intenzioni di Sua Maestà ». Il Marcuzzi riferiva un gustoso dialogo svoltosi, dopo la fiera, tra l’intendente Gallenberg e il vescovo della città, Sartorio Delmestri : — Mi pare, o Eccellenza, aveva detto il vescovo, che questo commercio, che s’intende ingrandito, abbia ad avere quell’esito ch’ebbero gli apostoli nella pescagione, che « tota nocte laborantes nihil cepimus ». A lui il conte Gallenberg: — Tutto ciò proviene, perché gli abi-sono infingardi. E il vescovo: — Ma non hanno danari. — Può principiarsi con un filippo.