DISSIDII FRA I CITTADINI mercio ai suoi sudditi con gli Istriani e le strade aperte. Avuto questo impegno, « fxi esaudita la supplicatione di detti Tergestini » e i patti furono eseguiti. Il Manzuoli assicura che ciò avvenne « con allegrezza » degli Istriani e dei « Popoli del Cragno, della Stiria et della Carintia che pativano mal volentieri essa saliera (intendi, le saline di Zaule e il dover fornirsi dei loro prodotti) et il serramento delle strade ». La situazione economica della città, quindi, si mantenne pessimamente stazionaria dentro un'immanente opposizione di eguali interessi. Errerebbe chi credesse la città unanime in questa politica di odio contro Venezia. V’erano anche allora uomini i quali confrontavano i frutti assicurati ai Triestini dal dominio austriaco con quelli, che dava ai suoi sudditi il dominio veneziano. V’erano (come si rileva da un cenno del podestà di Capodistria, in atto del 1604) mercanti triestini che avevano molti interessi a Venezia e cittadini che avevano beni nei territori veneti, ai quali stavano a cuore la pace e una politica accomodativa e tratte-vole verso la Repubblica. C’erano, altresì, degli elementi favorevoli alla Repubblica veneziana, se non c’inganniamo, tra le masse più popolari, che dalla politica antiveneziana non traevano che danni e danni e danni. Nel 1608, secondo Ireneo, «gravissime e perniciose dissensioni » divisero due gruppi di cittadini, l’uno capeggiato dai dell’Argento, l’altro dai Corraducci, dai Leo e da altri. La lotta civile portò « pre-giudicio e disturbo grandissimo » alla quiete della piccola città sempre piena di parti e di passioni. Ireneo non dice quali ne fossero le cagioni: ma è impossibile separare quelle lotte così aspre dalla politica ripresa proprio quell’anno, con folle leggerezza e in pura perdita, contro Venezia dal partito dominante nel Consiglio maggiore. Nel novembre 1609 tre proprietari di saline protestarono presso l’arciduca contro Geremia de Leo, che era provveditore generale ai sali e perciò responsabile degli avvenimenti. Essi chiesero l’abolizione delle nuove saline, che servivano al Leo e a altri per sordide speculazioni a danno dei restanti proprietari e costituivano, causa l’immutabile atteggiamento dei Veneziani, una minaccia aH’ordinaria produzione del sale. La protesta fu inutile, perché Ferdinando era d’accordo col Leo. Le spese e i guasti venuti da quella politica e l’atteggiamento sornione o sonnacchioso dell’arciduca non poterono non avere conseguenze favorevoli agli elementi della tendenza veneziana. Il movi-