12 L’AFFERMAZIONE DEL PARTITO VENETO (prima del 21 aprile, secondo l’indicazione dell’Amaseo) il capitano imperiale, Giorgio Moise o Mosavicchio, chiamò tutto il popolo all’arrengo e volle sentire le varie opinioni circa l’imminente assedio: assicurò libertà di parola e impunità. Si alzò allora un vecchio e chiese di parlare. Egli disse che ricordava l’altra guerra, quella del 1463, e che da allora Trieste, per aver preferito alla resa l’assedio e la resistenza, era diventata una povera terra. Pertanto si dovesse preferire l’arrendersi e aborrire da nuovi assedi e da nuove rovine: et che santo Marcho era più sufisiente de mantignierli che non lo Re Maximiliano et meglio viveriano lì soto Santo Marcho che non soto lo Imperio. La franca e ribelle parola del vecchio, che rivelava in pieno il vero problema politico-economico della città, suscitò le ire della parte imperiale, che predicava la resistenza. Un giovane si slanciò contro l’oratore e tentò ammazzarlo. Ma fu fatto arrestare dal capitano, in omaggio all’assicurazione di libertà che aveva promessa a ciascuno perché dicesse le sue ragioni. L’incidente sollevò tumulto e confusione e l’arrengo, sommosso dalla violenza, si sciolse senz’altra discussione e senza decisioni. Ma, se le autorità non erano cieche e sorde, avevano dovuto averne abbastanza. Continuava il bombardamento dal mare. Alcune « galee bastarde » tenevano la città sotto un fuoco intermittente. I Veneziani esperi-mentavano per la prima volta alcuni grandi cannoni, detti basilischi, di eccezionale portata: avevano 40 piedi di lunghezza, stavano sulla coperta delle navi, a prora, e gettavano palle di ferro di 100 libbre a 2600 passi. Non doveva essere una festa per la città: d’azialo eran tutte le balotte scrive il Giraldi, e poco dopo: scoccavan le bombarde a frotte. Dentro le mura la divisione degli animi persisteva e si inaspriva. Un Veronese, uscito dalla città il 22 aprile, narrò che essa era « in do parte » e che i cittadini avevano « fatto consiglio »: si sarebbero arresi appena il campo dell’Alviano fosse arrivato. Un Triestino giunse il 23 aprile a Capodistria per riferire al Contarmi che « il forzo di quelli cittadini et populo triestino era disposto de darsi a la illustrissima Signoria »: l’imperatore non li difendeva ed essi non volevano « expetar guasto né furia di arme »: desideravano che i Veneziani si avvicinassero alla città per arrendersi. Il 23 aprile ebbero luogo nel Consiglio maggiore le elezioni dei giudici per il reggimento di maggio: uscirono dalle urne, contro la