POPOLO E PATRIZI CONTRO L’iNTENDENZA non sentì più quasi alcun aumento: era stata di 6424 anime nel 1758 ed era di 6518 nel 1765. Questo fu un periodo veramente torbido, perché la città, oltre a soffrire tutti i malanni della disastrosa crisi dei suoi traffici, ebbe altri guai, causati da ragioni interne. S’ebbe allora una lotta contro l’intendenza commerciale, specie contro l’intendente Hamilton, che rassomiglia molto a quelle sostenute nei secoli precedenti contro i capitani imperiali. Nel 1757 l’Hamilton aveva dato all’impresa Pirona la privativa del pane per dieci anni. L’impresa ne abusò subito, truffando nella qualità e nella quantità. Lo sfruttamento esoso, commesso con materia così necessaria, sollevò vivissime proteste. I cittadini costretti a comperare a caro prezzo un pane miserabile, cercavano d’averlo da altre parti e lo comperavano dalle panicocole dette berschize: ma anche a queste fu tolto il diritto di vendita. Dopo due anni si arrivò a un tumulto popolare. I giudici rettori mandarono una supplica all’Impera-trice, nella quale rappresentarono « l'infelice ed angustiato Popolo di Trieste costretto di movere a’ piedi del trono... per ottenere un qualche so-lievo alle grandi miserie delle quali era ingiustamente circondato ed oppresso ». Furono fatti processi e inchieste, ma la città ebbe ragione solo un paio d’anni dopo. Intanto, nello stesso anno 1759, i patrizi e i loro amici erano in nuove ansie per la sorte degli Statuti e dell’autonomia. Uno dei consiglieri dell’intendenza, il Raab, era stato incaricato di riformare gli Statuti con plenaria autorità. Gli uomini del Consiglio non ebbero parole, abbastanza ardenti per esaltare gli ordinamenti cittadini in una disperata difesa. Essi dichiararono che la città non poteva essere abbassata dal suo rango, né senza consenzo dei cittadini essere privata « d’una legge tanto preciosa ed così antica, ammirata da tutti li circonvicini Paesi ». Pregarono che il Raab fosse comandato di sospendere la sua opera e che la facesse d’accordo col Consiglio. Ma non volevano veder soppresso il loro vangelo municipale. « Ci sembra duro — scrivevano — di vedere abrogata una legge si bella, si giusta ed si anticha, formata, ed stabilita dalla stessa Saviezza e Prudenza... ». La riforma non ebbe luogo allora, ma continuò il conflitto fra l’intendenza, che si riteneva sola padrona della città, e i cittadini del Consiglio, tra i quali, come fu detto qualche anno dopo, « diede fuori il verde