IL SENTIMENTO DELLA CITTÀ 345 urla dalla parte rimasta in minoranza. Per esercitare la pressione necessaria e per parare ogni eventualità, Gvulai fece entrare in città la divisione Fiirstenwàrther e approvvigionò il castello per quattordici giorni. A San Giusto era mancato il genio, che aveva resuscitato San Marco. Il vero sentimento della patria indipendente esulò anche dalla mente di cittadini d’indubbio carattere nazionale. Il Kandler, che rappresentò allora un municipalismo e un mercantilismo grettamente italiani, pubblicò un articolo neìl’Istria raccomandando di non far perire gli interessi mercantili per far valere i diritti nazionali. Tristezze... Trieste, come Verona, come Mantova, come Trento, come Gorizia, era rimasta iri mano all’Austria. Ma il sentimento d’italianità si mantenne altissimo. Tanto che gli organi governativi dovettero piegarsi a riconoscerlo per non fallire. E il giornale ufficiale, il 24 marzo, lo stesso giorno in cui il governo e i mercanti s’affannavano a soffocare il movimento italiano, pubblicava un articolo di Michele Facchinetti, il quale, dopo aver rievocato gli inni a Pio IX, a Ferdinando e all'Italia dei giorni della costituzione nellTstria e a Trieste, « lembo d’Italia », concludeva con queste parole: « Trieste e l’Italia sono una sola patria: patria italiana, che dall'Adriatico stende le sue braccia ad una patria più vasta ». Particolare ancora più caratteristico: l’indignazione per gli eccessi commessi contro i colori nazionali fu cosi grande, suscitò tante proteste italiane, che il governatore Salm, il 26 marzo, si sentì in obbligo di pubblicare, con prudenti riserve, un proclama biasimante quelli che avevano insultato il tricolore. La situazione si fece presto molto triste nella Giulia. La maggior parte degli elementi patriottici s’era raccolta a Venezia, dove già il 26 l’Orlandini pubblicava un suo onesto e caldo proclama, giustificando i Triestini, affermando la loro italianità e ricordando come fosse fallito il suo generoso tentativo. All’esodo dei patriotti da Trieste corrispose un intenso movimento di truppe, giacché quelle che avevano sgomberato il Veneto s’erano rovesciate parte su Verona e parte sulla Giulia. Quivi si accumularono anche tutti gli impiegati, tutte le autorità inferiori e superiori cacciate dalla rivoluzione. In un paio di giorni la Regione ne fu invasa e oppressa: tanti furono, che già il 26 si scriveva