334 CARATTERI DEL MOTO VENETO dei loro soldati. Tutto era affidato alla sorte: la rivoluzione sarebbe avvenuta, se il caso avesse offerto al genio e alla passione di Manin la possibilità improvvisa di agire. Questo appunto avvenne. L’uccisione del Marinovich, sovrintendente all’Arsenale, provocata dalla sua durezza, fu l’episodio, che Manin seppe trasformare in una rivoluzione, accorrendo con poche guardie civiche (gli mancò anche l'Olivo) e organizzando rapidamente l’occupazione dell’Arsenale. La cacciata degli Austriaci, ottenuta poi con rapido e serrato sviluppo di fatti, parve ai Veneziani stessi un miracolo. E fu veramente opera prodigiosa dello spirito dominatore di uno solo, che plasmò dinamicamente con la sua potenza morale l’anima di Venezia. Nelle regioni venete orientali e occidentali, la base popolare, il fondo spirituale erano eguali, come abbiamo veduto, a quello di Venezia. Era grande ovunque il fermento, da Verona sino a Pola. Poteva in tutte le città, prive d’ogni accordo tra di loro e d’ogni organizzazione preparata, ripetersi il prodigio veneziano? Si sarebbe trovato in ognuna l’uomo, che dal fermento avrebbe fatto esplodere la rivoluzione? Il miracolo si sarebbe ripetuto? No, mancavano i mezzi, cioè gli uomini. La rivoluzione si sarebbe estesa fin dove gli avvenimenti di Venezia avevano naturali e pronte conseguenze, nel suo immediato retroterra, nei distretti ad essa più vicini, nel raggio in cui avrebbero avuto influsso diretto l’atto di Manin e la debolezza del Palffy e dello Zichy. Insorsero, in giornate nobilissime, il Padovano, il Vicentino, il Trevigiano, una parte del Frinii. Ma a Mantova l’energia del Gorzkowsky ebbe non difficilmente ragione del moto suscitato dalla borghesia. A Verona le cose andarono anche peggio. La città, da alcuni giorni in grande agitazione, con le masse popolari eccitate, sottratta agli influssi di Milano e di Venezia dalla ignoranza delle notizie, mancò alla rivoluzione. Funesta riuscì la municipalità, fatale la Guardia civica. Opera più d’ogni altra deleteria vi compirono, non solo il viceré cor. le sue arti melliflue, ma anche i mille e mille stranieri domiciliati nella città, che incominciarono a diffondere i più vili e più infami sospetti contro i migliori cittadini, contro i fini delle dimostrazioni e contro le altre terre italiane. Il D’Emily, ch’era pur buon patriota, a nome della Commissione civica invitò i cittadini a considerare gli Austriaci non