486 DISSIDI FRA LIBERALI E RADICALI - ARRIGO HORTIS l'Italia alla guerra mortale che essa dovrà sostenere contro VAustria e nella quale si tratterà di essere o non essere per altri secoli ». Rimase nei Triestini il sentimento, che a tale preparazione dalla loro città dovesse venire l’anima più ardente. Tuttavia gli avvenimenti non furono privi d’influenza su alcuni patriotti. Se la fede era luminosa e resistente, la situazione era oscura e incertissima. Il problema essenziale restava senza risposta: per quanto tempo si sarebbe dovuto attendere? che forze avrebbe avute l’ottima parte della città per continuare la lotta contro il governo straniero e contro i suoi accòliti e che possibilità di resistenza? Francesco Hermet. come sempre, si sentiva più preoccupato degli altri. Nel seno della Società del Progresso erano sorti dei dissidi, poiché Rascovich e i suoi amici desideravano un’azione radicale, più agitata o, come dicevano, più democratica. Essi si sentivano vicini al partito radicale italiano: i più erano repubblicaneggianti. Gli altri invece, benché parecchi fossero massoni, erano dediti a una politica liberale. Il conflitto di idee, che agitava il Regno, si ripercoteva nella città. Il dissidio aveva portato anche a una separazione, ma l’alta influenza di Arrigo Hortis aveva saldata la pace. Fu questo l’ultimo atto del grande patriotta, che quell’anno mori tragicamente. Era stato una delle più nobili figure del Risorgimento nazionale e il maggiore e il più intelligente servitore, che la Patria avesse avuto a Trieste dopo il 1850. Le elezioni comunali per il 1879 non si presentavano sotto fausti auspici. Il governo aveva messo in opera tutti i mezzi e tutte le minaccie per vincere a qualunque costo. La ristretta massa elettorale era sempre divisa in quattro « corpi »: sicuri per i liberali il quarto —il più popolare — e il secondo; sicuro per il governo il terzo, dove predominavano gli i. r. impiegati; incerto il primo, dov’erano i più ricchi negozianti e i possidenti. Se questo si fosse buttato dalla parte del governo, il Comune era di nuovo perduto. Ma a un gruppo liberale riuscì di formare per quel « corpo » una lista mista, con la quale s’ebbe nel Consiglio una falsa parità di forze, che paralizzò invece i governativi, non ostante cinque Sloveni fossero stati eletti nel territorio. L’Hermet era convinto che, per il bene della città, bisognasse prendere un atteggiamento conciliativo o, come scrisse allora giustificandosi, che sul principio di nazionalità dovesse prevalere, in quel momento, « il principio della salute pubblica ».