IL SOCIALISMO E L'AUSTRIA 543 modesti e morirono poveri, ma usando temi e soggetti, che fanno sempre presa nelle masse italiane, di natura diffidenti e corrive al sospetto. Dicevano che la lotta nazionale era un’invenzione del capitalismo, fatta per impedire al proletariato le sue conquiste materiali e morali. Sostenevano che gli interessi economici di Trieste erano strettamente legati all’Austria (in questo partivano anche dalle teorie e dalla storia del Kandler), negavano quindi l’irredentismo, dichiarandolo un’invenzione dell’industria delle armi. Erano, come fu scritto, « buoni austriaci per ragioni filosofiche e per saggezza politico-economica ». Combattevano peròil partito nazionale se, per ragioni di tattica politica, teneva alla vicepresidenza del Consiglio un uomo non maleviso al governo e, poiché questa persona — Ettore Ricchetti — era dal partito stesso obbligata a mantenere un posto nel consiglio dello Stabilimento tecnico triestino, per ovvie ragioni di controllo che allora non si potevano dire, i socialisti accusavano i liberali di essere d’accordo coi costruttori austriaci delle navi da guerra. « La lotta — diceva il loro giornale — è ingaggiata fra noi e la borghesia italiana ». I socialisti, a Trieste, non sceglievano altro avversario: non il dominio austriaco, non gli Slavi, non i residui dell’austriacantismo. Ma attaccare la borghesia italiana significava attaccare la vera base dell’esistenza nazionale a tutto beneficio dell’idea austriaca. I liberali avevano polarizzato l’anima della città verso Roma: il- socialismo la volle voltare verso Vienna. Trovò in questo la complicità dei socialisti del Regno: onde, nell’aprile del 1905, fu convocato proprio a Trieste un concilio di socialisti austriaci e italiani, che condannarono l’irredentismo. Questi dogmalisti rossi, in un momento di folle presunzione, s’illusero di distruggere, con la loro timorosa parola, la secolare tradizione antiaustriaca del Risorgimento, che indicava le Alpi Giulie come limite all’unità della Patria italiana. Alcuni condannarono l’idea nazionale in buona fede, per congenito orrore della guerra e del sangue o per avere la mente pervertita dal materialismo storico. Il convegno — nel quale i socialisti italiani s’impegnarono a combattere «l’irredentismo bellicoso » nel Regno e si accontentarono di avere da quegli austriaci la promessa, che avrebbero perorato la causa dell’università italiana a Trieste e dell’autonomia trentina — riempì di parole molte bocche e molti giornali, ma lasciò il tempo, che aveva trovato. Le immigrazioni degli Slavi si facevano così visibilmente dense,