IL MOVIMENTO NAZIONALE NELL’ANNO l86o fasto e i suoi tratti potevano inorgoglire quei borghesi e quegli arricchiti che lo avvicinavano. La sua bontà, la sua generosità, la sua signorilità, che gli avevano guadagnato tante simpatie in Lombardia, commovevano i piccoli borghesi e la plebe. Era un uomo pericoloso ai patriotti per il grande fascino che esercitava. Ma non era certo in grado di arrestare nel suo cammino l’idea nazionale. Trieste divenne sempre più apertamente e più popolarmente incline alla causa della Nazione. « Il partito italiano a Trieste — si scriveva al principio del 1860 — va crescendo sensibilmente ed in proporzioni gigantesche. Ormai ogni riguardo è gettato da parte: nei caffè, nelle farmacie e dappertutto si parla liberamente contro il governo austriaco, benedicendo a Vittorio Emanuele, a Garibaldi ed al pensiero santissimo della sottoscrizione nazionale al milione di fucili ». Alla propaganda fatta nell’interno della città corrispondeva quella non meno attiva degli esuli. L’emigrazione triestina s’era fatta assai numerosa. « Abbiamo Triestini — scriveva poco dopo il Bonfiglio — nella nostra diplomazia, Triestini nell’Esercito e nella Marina, nei nostri uffici pubblici, nelle nostre principali società politiche, nel nostro giornalismo liberale, nell’insegnamento pubblico e privato e nel corpo dei nostri buoni scrittori liberali ». Del Comitato politico veneto di Milano faceva parte il Fortis; Trieste era nominativamente rappresentata nel Comitato veneto centrale di Torino come paese dellTstria da Tomaso Luciani; il Lafarina e Raffaele Busacca rappresentavano alla Camera di Torino-« Venezia con Trieste e VIstria ». Trieste e Venezia furono egualmente sfortunate nel 1860, né vi fu nell’una più movimento patriottico che nell’altra. E fu movimentosegreto. I patriotti triestini ebbero, in più dei veneziani, il dolore di assistere impotenti alla partenza dei piroscafi, che portavano i volontari irlandesi, belgi e tedeschi nello Stato pontificio, dove li aveva chiamati la crociata del Lamoricière. Vi furono delle agitazioni e delle proteste,, senza effetto. La Direzione suprema della polizia voleva che l’Hell, direttore della polizia a Trieste, scoprisse il comitato segreto che operava nella città. L’Hell non riusciva a accontentarla: le sue ricerche erano senza risultato.. I confidenti asserivano che Arrigo Hortis, Leopoldo Pitteri, Demetrio Dannila e il dott. Nicolich costituivano una vera filiale del Comitato-