390 FORTIS, BRUFFEL, SANZIN, ZAMBONI E I VOLONTARI DI ROMA Dentro la città assediata, nell’ardente fervore delle opere civili, Samuele Romanin, triestino, autore della sempre insuperata Storia documentata di Venezia, era stato chiamato da Manin e da Tommaseo a insegnare da una pubblica cattedra le glorie di San Marco. Combatterono nel 1848-49, ma ignoriamo ancora in quali fatti d’arme, Sansone Levi, che fu con Garibaldi in Lombardia, Costantino Ressmann e Giuseppe Morosini. Non soltanto sui campi lombardi e veneti, ma anche in altri, ovunque si combattesse per il mito della libertà e contro l’atroce realtà asburgica, alcuni Triestini offrirono la loro vita in omaggio alla loro idealità. Matteo Padovani e Luigi Franellich furono coi rivoluzionari di Vienna: il primo fu preso e condannato a morte, il secondo condannato alla prigione e mandato nella fortezza di Olmiitz. Roma esercitò allora il più caldo fascino sui volontari e sugli esuli Triestini. Vi arrivarono da Venezia Giuseppe Revere, che combattè da par suo al Casino dei Quattro Venti, e il Marocchino. Leone Fortis, dopo aver diretto a Firenze VAlba, rottogli lo strumento tra le mani, si arruolò tra i garibaldini e fu ufficiale alla difesa dell'Urbe. Giovanni Bruffel, che soffriva ancora dalla ferita avuta a Monteberico, diede nuove prove di quanto fosse ricco in fede e non avaro del sangue. Anche il Sanzin portò a Roma il suo corpo ferito e la sua anima valorosa: caduta Roma, andò a Venezia e quivi prese ancora il fucile* contro l’Austria. Sansone Levi, che aveva seguito sempre il Generale, da cui era molto amato, si guadagnò la promozione a tenente sul campo, nell’epica giornata di Porta Cavalleggeri. Combatterono tra i bravi Ermanno Galvagni e Domenico Salvi. Capitano nel battaglione universitario era Filippo Zamboni, tempra d’uomo veramente eroico e di patriotta credente, nonostante le sue bizzarrie di letterato. Prodigò il suo valore e il suo sacrificio a Villa Pamphily, ai Parioli, a Palestrina, a Porta San Pancrazio, ovunque lieto di unire al nome di Roma quello di Trieste, che tanto amò. Giacomo Venezian portò a Roma la sua fede di repubblicano e d’italiano. Dopo essere stato con lo Zambeccari a Treviso, s’era recato a Pisa, emergendo tosto per la sua appassionata fede. Rappresentò la città, che l’aveva accolto con amore, alla Costituente toscana, dove propugnò la proclamazione della Repubblica e l’unione a Roma. Fallite le speranze toscane, si