442 LA SOBILLAZIONE DELLE PASSIONI DEGLI SLAVI pagna il Dessalles, Enrico Wòlfler, Cavalieri e Luigi Stella, già noti, e con 1 ro Federico Mosconi, Albertini, Arturo Julliac, Scheriani (Scherianz) e dei più giovani Guglielmo Moinelli, Arturo Sorch, Riccardo Jeralla, Giovanni Danese e Armando Matera. L’impressione prodotta a Trieste dalle notizie di Roma e dall’eroico sacrificio di alcuni cittadini fu grandissima e durò profonda. Nel giorno dell’anniversario di Mentana furono fatti scoppiare dei petardi nella sede del vescovo e presso quella del consolato francese. Anche la morte di Monti e di Tognetti fu ricordata con una dimostrazione, affiggendo per le strade manifesti ingiuriosi per il Pontefice e gloriosi per Garibaldi. Gravi avvenimenti scavarono più profondamente nel 1868 la fossa che separava Trieste e il governo austriaco. Da alcune tumultuose manifestazioni fatte contro il potere temporale del Papa e contro una legge sull’insegnamento religioso, si passò a ampie manifestazioni nazionali. Le provocò il governo, che aveva ripreso la sobillazione degli Slavi. Già alla fine del 1866 il governatore Kellersperg, riprendendo certe idee del 1848, aveva invitato il governo centrale a favorire in ogni modo, nell’interesse dello Stato, gli elementi non italiani. 11 governo, che aveva pessima esperienza dei Tedeschi, sempre e facilmente assimilati dagli Italiani, ripensò agli Slavi. Nella Carniola giàs’erano risvegliate le antiche folli passioni imperialistiche. Nel 1867 un giornale sloveno, il Primorez, era stato piantato a Trieste da alcuni Cragnolini e predicava che gli Italiani della Giulia erano colonie appena tollerabili dagli Slavi e che l’Adriatico sarebbe statarla chiave del futuro regno slavo. Il governo pensò bene di approfittare di queste passioni e di sobillare contro la città gli Sloveni del territorio, allo stesso modo con cui avrebbe poi sobillato tutti gli Slavi della Giulia. Le dimostrazioni contro il dominio temporale acquistarono subito un carattere nazionale: furono quindi doppiamente odiose alle i. r. autorità, le quali accusarono i cittadini di aver gridato, la sera del 9 e del 10 luglio, raccolti ai portici di Chiozza: « Viva l’Italia, viva Garibaldi, viva Vittorio, abbasso l’Austria, morte all’Austria ». Allora esse lanciarono per le vie torme di Sloveni raccolti nelle campagne del territorio carsico e aizzati nel fanatismo religioso e, quando le stesse torme (quel 10 luglio) si furono diffuse in città, le appoggiarono con un battaglione di guardie territoriali, slovene anch’esse, da poco