n6 MIGLIORAMENTO DEL PORTO E DEI COMMERCI La collaborazione di San Marco coi Principi protestanti avrebbe certo portato un colpo fatale agli Asburgo. Ma la Repubblica era appena uscita da una delusione troppo grave: lo spirito suo era stanco e stordito. Non volle pertanto accettare le proposte, che il duca di Savoia le faceva con così grande animo italiano. Mancò allora alla sua missione nazionale. E Trieste rimase ancora sotto il dominio di Casa d’Austria. Gli anni seguenti alla guerra furono della massima tristezza. La carestia fu tale, dopo il 1620, che una libbra di carne valeva lire una e ' soldi sette e un pane lire 1,66: prezzi enormi per quei tempi. Ma la città, declinando così tristemente, cercava di fermarsi nella discesa. Nel 1620 ripararono la darsena del mandracchio e vi fecero nuove costruzioni, tra cui un muro a riparo della bora sul molo della bandiera, sotto la direzione del noto Vintana, « architetto famoso ». Morto il Valmarana, nel 1623, il partito dominante, a nome de la città vassalla e servitrice humilissima della Cesarea Maestà, chiedeva un capitano non veneto, ma austriaco, che non desse « minimo sospetto d'aliena devo-tione », perché i Veneziani erano più tormentosi in mare, che non fossero stati prima della guerra. L’Imperatore prometteva protezione e nel 1624 si degnava riconcedere i soliti privilegi per il forzamento delle strade dei Carsi. Qualche progresso incominciò a mostrarsi, suscitando la gelosia dei Capodistriani. Sia coi privilegi arciducali e imperiali, sia approfittando delle conseguenze della guerra, la città riuscì a concentrare in sè stessa una parte del corso avviato dianzi a Muggia e a Capodistria. Alcuni personaggi, che coprivano alte cariche, l’Eggenberg, l’Auersperg, il Porcia e altri, videro la possibilità di -lauti guadagni nel favorire i Petazzi, i Giuliani, gli Argento, i Leo e quei proprietari delle saline, i quali, per avere la merce più ricercata e più scambiata dai Transalpini, dominavano la vita economica della consunta città. Si cercarono sali nello Stato romano e nelle Puglie, tentando sottrarre il trasporto alla sorveglianza veneziana. Si contrabbandò sale dalle città istriane. Si fecero depositi di panni, di ferramenta e di legname, ai quali incominciarono a attingere anche i Capodistriani. Venne da tutto ciò qualche miglioramento: ma buone e cattive condizioni non cessarono di alternarsi, dipendendo sempre dall’azione che esercitava Venezia contro i contrabbandi 0 contro gli ostacoli frapposti al commercio sui Carsi. L’anno 1624 era stato buono: ma nel 1625 il podestà Basadonna avver-