520 LA MORTE DI RE UMBERTO Anche allora influivano le simpatie, che i dirigenti avevano per l’una o per l’altra delle correnti, che si contendevano il campo nella lotta politica dellTtalia. Mentre dicevano che, «schiacciato ormai il partito reazionario », le forze nazionali potevano dividersi, i democratici non s’accorgevano che la loro separazione apriva il varco a tutti gli avversari del principio italiano, che stavano agli agguati. Nelle elezioni amministrative del 1900 i liberali lasciarono ai democratici il quarto «corpo » e tennero gli altri tre. Rascovich, democratico, affermava che, se il pericolo austriacante si fosse ripresentato, le forze divise si sarebbero tosto ricongiunte: Venezian dichiarava che non potevano essere nemici due gruppi, mentre avevano l’identico fine nazionale. Invece, dopo le elezioni, che vennero turbate anche dalla riuscita autocandidatura del podestà allora decaduto e non più accettato, le quistioni personali e le polemiche si fecero molto aspre, spesso velenose, e ruppero la saldezza delle masse fedeli all’idea nazionale. Del che approfittarono sopratutto i socialisti internazionalisti. Nel 1900 la città si trovò maravigliosamente unita nel lutto, quando Re Umberto fu assassinato a Monza. Per dieci giorni palazzi, case, edifici comunali, persino i mercati, furono parati a lutto. La città era veramente tutta vestita di gramaglie. S’ebbe allora forse una delle più alte e più commosse manifestazioni del sentimento italiano della popolazione. I deputati telegrafarono alla Real Casa: « L’orribile fatto che alla nazione nostra toglie il suo Re, amico veramente del popolo nostro, ci riempie il cuore di raccapriccio e di ambascia. Voglia l’Eccellenza vostra presentare a Sua Maestà Vittorio Emanuele nel suo immenso lutto di figlio e di &e, a cui l'Italia guarda con forte speranza, le angosciose condoglianze dei deputati di Trieste ». E così telegrafò l’Associazione Progressista: « Costernata dall’immane sciagura che colpisce la nazione tutta manda da questo estremo lembo d’Italia fiori e lagrime ». Con forti parole fu commemorato il Re « dell’intera Nazione » dal podestà Scipione Sandrinelli in Consiglio. Le i. r. autorità poco poterono fare contro una manifestazione così universale. La polizia sequestrò i giornali, che avevano pubblicato i