I PATRIOTTI PREPARANO L’AZIONE 339 dei cittadini, ancora dopo il 1860, di voltar la testa quando lo incontravano. Le conseguenze di tutti quegli errori veneziani furono tanto più dolorosé, in quanto, dopo aver mandato così grosso e vigoroso sussidio ai soffocatori dell’italianità, quelli che più volgari insulti scagliarono contro Trieste non insorta furono proprio i Veneziani. Essi si accorsero poi del loro torto: malauguratamente, i loro rabbiosi e veementi scritti d’allora diedero il veleno, onde qualche scrittore austriaco condì, ancora nel 1912, le denigrazioni stillate contro Trieste. La notizia della rivoluzione veneziana arrivò a Trieste il giovedì 23, nel pomeriggio. Lo Schickh era in apprensione, perché nella città, diceva, «vi erano molti Italiani esaltati». Infatti si sollevò immantinente un grandissimo fermento: il fatto passò fulmineo attraverso la città, vibrante ancora delle sue affermazioni nazionali e già velenosamente lavorata dai suoi nemici. Produsse nella moltitudine l’impressione, che non poteva non produrre la costituzione d’uno Stato « veneziano ». Ma non abbattè i patriotti più decisi ad agire. Giovanni Orlandini e con lui, pare, Giacomo Venezian tentarono di suscitare, approfittando delle tumultuose condizioni create dalle notizie veneziane, un moto insurrezionale per cacciare gli Austriaci. L’avevano, essi e altri patriotti, già preparato e allora, alzando il vessillo tricolore e uno oro-azzzurro (i colori del Regno italico) come vessillo particolare di Trieste, tentarono di sollevare la città con l’idea repubblicana, proclamando la repubblica di Trieste e l’unità con Venezia, con lTstria e con la Dalmazia. I particolari della giornata ci sono conosciuti in modo del tutto frammentario. Un rapporto posteriore alla Luogotenenza assicura, che i capi del tentativo rivoluzionario avessero già scelto le persone destinate al governo provvisorio dell’istituenda repubblica. Agli elementi liberali del Consiglio comunale, Giovanni Baseggio, come ricordavano venerandi vecchi, aveva proposto, qualche giorno prima, di assumere la direzione del movimento triestino. Egli propose anche di incendiare le due navi da guerra austriache, rifugiate nel porto di Trieste. La proposta aveva mandato all’aria il servile Consiglio: non vi era stata altra deliberazione positiva, se non un gran numero di dimissioni, sicché si era giunti a un « precipitato scioglimento » del Consiglio. La sera del 23 marzo, nella sala del Teatro Na-