122 LOTTE CONTRO I CAPITANI IMPERIALI Il Consiglio era sopratutto insofferente della politica dei capitani imperiali, contro i quali difendeva le prerogative e i privilegi della respublica, della città-stato. Le controversie assumevano spesso il 'carattere di violenza. Nell’anno 1638 il Consiglio armava i contadini e formava con essi una guardia per opporsi alle sopraffazioni del capitano Gian Giorgio Herberstein. Negava obbedienza a questi e si tirava addosso replicate « graziose monizioni » e minaccie della Corte, alla quale mandava una protesta contenente 107 punti d’accusa contro il capitano. Il conflitto durava ancora nel 1639, quando il capitano ordinava ai dazieri di sequestrare le entrate della comunità e di versarle nelle sue mani. Non ebbe maggiore tranquillità la capitaneria di Francesco Gaspare Brenner, successore del predetto Herberstein. Nella maniera tutta particolare delle piccole città, dove la gente è casosa e avvanta i piccoli incidenti, s’inasprirono anche minime quistioni, arrivando^ far collidere l’autorità comunale o, come dicevano allora, «il Pubblico » e l’autorità imperiale in un rabbioso attrito: il capitano voleva cacciare uno sbirro messo dal Comune, e questo viceversa si fissava a cacciare un barigello (bargello), che il capitano si ostinava a rimettere a posto. Questi proteggeva i contadini che cacciavano le lepri di frodo, proteggeva mercanti falliti e li rimetteva in Consiglio e al governo delle pubbliche entrate; faceva venire da fuori il vino per i soldati del castello; voleva due medici in città e non gli bastava uno; non riceveva con le dovute cortesie i magistrati e rifiutava il cerimoniale d’uso, quando doveva essere accompagnato da loro in duomo. Si andava poi nella fase più drammatica, quella che, riscaldandosi dentro il breve recinto delle mura, doveva assumere aspetti iperbolici. Il Pubblico accusava il Capitano d’intromettersi specialmente nell’amministrazione della giustizia e, in genere, di arrogarsi diritti che non gli spettavano. Alle accuse vere si aggiungevano sospetti, pettegolezzi e calunnie. Il Brenner era incolpato di introdurre Veneti nei segreti del castello e egli attribuiva a alcuni cittadini di proteggere lo speziale, che era una spia di Venezia. Lo andavano imputando di essersi servito del medico per ammazzar qualcuno e di aver assoldato sicari allo stesso scopo: il capitano ritorceva l’accusa sui cittadini e aggiungeva: « né io son Italiano per attendere a queste imprese ». Dinanzi all’imperatore gli attribuivano di aver attentato all’onore di una gentildonna e egli rispondeva che