BONAPARTISTI E LIBERALI 253 sparivano. Essi continuavano a alimentare le loro speranze, preparandosi a dare i primi uomini e le prime energie al liberalismo. Nel maggio del 1815 un confidente denunciava, che al caffè Caponi parlavano di politica « offendendo il buon senso », certi Morpurgo, Verlengo, Anseimo Levi, Susterscitz e Rizzati. Ritrovo preferito dei bonapartisti nel 1815 restava sempre il caffè Carrara, detto allora popolarmente caffè dei gobbi, perché gobbi si dicevano, evidentemente con parola convenzionale, quelli del gruppo liberale che lo frequentavano: nel quale si trovavano Oblasser, Leroy, Babetta (« direttori dei gobbisti partitanti », dice un documento) Bellusco, Francol, Medini, Millich, Gallo, Carrara, Bier, Ghebel, e il libraio Pietro Orlandini, tutti iscritti nell’albo dei sospetti. Di tali «sospetti »si mandava alla « Polizeihofstelle », nello stesso anno 1815, un elenco con ben cinquantanove individui, dove, in più di quelli già conosciuti, troviamo i cognomi Sarchi (Farchi?), Nobile, P. Galvagni, Pietragrassa, A. Marchesetti, dott. Rosmini, G. Anastasio, A. Desella, Domenico d’Angeli, Zay, Perosio, Paximadi, Seitner, A. Fantoni, Dolce, D’Ancona, Fano, Marco Costantini, T. Guillermez, C. Gallico, Bicad, Voit, M. Curiel, A. Justenburg, Devouls, Vivante, G. La Brosse, Costa, Rizzi, Squarzes, G. Repesciz. Davvero troppi per una città, detta «fedelissima» quasi per antonomasia. Circa lo stesso tempo le polizia, alla caccia di framassoni, scopriva anche la loggia scozzese del Sandrini, i cui membri, spaventati, dichiaravano di essere stati sempre fedeli al-l’adorato Sovrano e di aver formato le adunate solo per celia, dando da bere al Sandrini che facessero i massoni. Le autorità, trattandosi di gente fidata, fece finta di credere e lasciò andare. Arrestava invece Domenico Bonetti, perché teneva corrispondenza « pericolosa » con Ancona. Altra violazione dei suoi diritti nazionali subì allora la città: furono abolite nel 1815 tutte le scuole italiane istituite dal governo franco-italiano e fu aperta una sola scuola elementare tedesca. 11 contrasto, l’antitesi fra italianità e governo austriaco si manifestò così senza indugio, appena fu restaurato il dominio. I cittadini, anche se curvi docilmente secondo il costume del tempo, sentirono l’offesa e il danno. « Non vi sarà mai salute — scriverà ancora nel 1826 Pietro Kandler — finché non si aboliscano le scuole tedesche ». La crisi economica nel 1816 continuò la sua curva discendente. Il commercio triestino, per quanto fondato sul naturale valore della posi-