xliii. LA FINE DEL DOMINIO AUSTRIACO L’ultimo periodo della storia triestina è forse il più difficile a essere narrato, sia perché molteplice e complessa è la ricchezza degli avvenimenti, sia pèrché soprabbondanti e contraddittorie sono le fonti, sia perché chi scrive visse dentro gli avvenimenti e non fu sempre soltanto uno spettatore. Si può ritenere che manchi quella distanza dalle cose, che si stima necessaria per vederle in una prospettiva storica e in una luce « oggettiva », e quello stato d’animo, che si domanda per una contemplazione serena e dialettica delle cose e degli uomini. La tendenza dello scrittore può essere al lirico o all’epico. D’altra parte crediamo, appunto perché fummo testimoni dei fatti, che chiunque, specie compilando una narrazione sintetica, si mettesse in un atteggiamento di frigido osservatore e scrivesse senza passione di avvenimenti, che non furono altro se non moltiplicazione ed esasperazione di alte passioni, rimarrebbe molto lontano dalla verità, né comprenderebbe l’essenza più propria degli avvenimenti stessi. Che valore, ad esempio, potrebbe avere mettersi di fronte a un gruppo, che fu contrario all’idea nazionale e ebbe magari un programma logico o di buona fede, e giudicarne astraendo dall’ambiente arroventato, in cui comparve e fu disfatto, giudicarne, cioè, tenendolo fuori da quelle passioni, che stimarono inutile una sua funzione storica? Che risultato può dare il considerare in e per sè stessi, da spettatori disinteressati, uomini o fatti, che non esistettero mai in e per sè stessi, ma, per quanto diversi di carattere, furono tutti dentro quel movimento, che doveva finire come è finito nel 1915, e non hanno valore rispetto alla storia se non appunto in quanto furono dentro quel movi-