324 LA COSTITUZIONE DEL MARZO genze locali e ovunque agitassero col problema liberale quello di nazionalità, non sentirono mai la necessità di creare la base per una comune e simultanea azione liberatrice. Probabilmente non vi credettero. Sperarono. Non ebbero vera fede. D’altronde, per una lotta «costituzionale», com’era quella d’allora, tali accordi erano meno necessari. Sicché nel marzo tutti gli animi delle classi migliori erano rivolti e pronti alla libertà e all’affermazione della nazionalità; mancava la preparazione ad una lotta per l’indipendenza unitaria. Lo spirito di nazionalità era ardente, preciso, cosciente dei suoi dii itti. Ma, disse bene il Giovagnoli, nel 1814 la borghesia italiana era stata più preparata all’unità che nel 1848. Come si sa, il movimento rivoluzionario di Vienna diede la spinta alla rivoluzione italiana del ’48. Le prime notizie di quanto accadeva a Vienna giunsero a Trieste il 15 di marzo e (riferì subito il console sardo) « destarono più gioia che timore, nella lusinga che tale inaspettato avvenimento potesse avere una qualche favorevole influenza negli affari politici dell’Europa in generale e massime in quelli dell’Italia ». La città era già molto agitata. Il ministero della polizia, da Vienna, assicurava il Salm, che il partito italiano a Trieste voleva distruggere le navi da guerra e i magazzini militari, che v’erano accordi coi rivoluzionari di Marsiglia e che il comitato triestino si raccoglieva nella locanda all’Aquila nera. Il Salm dimandava informazioni allo Schickh e quésti rispondeva di non saperne nulla. Le notizie viennesi, nella città falsamente mascherata dal governo austriaco, furono accolte con animo italiano. Suscitarono tosto un grandissimo fermento. L’odio e i sentimenti soffocati da tanto tempo nella borghesia erano pronti ad esplodere. Il desiderio di avere maggiori informazioni divenne febbrile e romantico. Che n’era dei ((tiranni)' viennesi? Se ne sarebbero andati? La sera del 16 una moltitudine di gente si recò sulla strada di Opcina per attendere il corriere postale in arrivo da Vienna. Appena il conduttore della corriera ebbe detto, che a Vienna era caduto il ministero, che Mettermeli era fuggito e che la vittoria era rimasta al popolo, quella moltitudine, nella quale erano tutti i migliori patriotti, ritornò acclamando in città, rapita dalla gioia. Si prese un plico diretto al governatore e si volle imperiosamente che desse subito notizia del contenuto. Il governatore disse, dal verone del suo palazzo, che la costi-