146 SCULTURE E PITTURE annunziante si trasformarono, poi, in santa Eufemia e santa Tecla). A qualcuno forse lavorò quel mastro Paolo Salvatore, triestino, che è ricordato come « tagliapietra » e come scultore nel 1679. Migliori sono l’altare barocco della chiesa del Rosario, fatto nel 1689 a Venezia, e quello che fu aitar maggiore di San Giusto e ora è addossato alla parete di fondo, presso alla cappella delle reliquie: lo costruì con marmi fini, nel 1677, Andrea Tremignan di Venezia. Da Venezia venne parimenti, nel 1673, fusa in bronzo da Carlo Trabucchi (scultore o solo fonditore?) la statua dell’imperatore Leopoldo, che sta in piazza della Borsa. Lussuoso davvero è l’altare del Sacramento nel duomo, opera della fine del Seicento. Ma non fu fatto per Trieste e vi venne trasportato nel 1826 dalla soppressa cappella della Madonna della Pace di Venezia: ha due grandi figure di evangelisti (fig. 16), firmate Henrico Meringo F., e un antipendio in bassorilievo (fig. 17) con la figura di un Doge che fa voti per la cessazione di alcune sciagure, firmato Gio: Cornino F. Vi sono parecchi quadri del Seicento a Trieste: due soli possono vantare onorati nomi veneziani, ma uno ha i colori oscurati e molto guasti, l’altro è rovinato da ritocchi e rifacimenti. Il primo è la pala della distrutta chiesa di san Pietro, ricoverata ora, e in pessimo stato, nella chiesa del Rosario: rappresenta il miracolo di san Pietro che estrae dalla bocca d’un pesce la moneta, onde pagare il tributo. È opera di Sante Peranda, fatta nel 1620: il Ridolfi la dichiarava ■< rarissima fatica e degna di molta lode » e è veramente, per quanto ancora se ne può vedere, opera degna del maestro e della grande scuola da cui era uscito. L’altro dipinto è la pala dell’altare di sant’Andrea in duomo, fatta nel 1626, per commissione di Nicolò Perentino, da Matteo Ingoli, ravennate, noto maestro di scuola veneziana (fig. 18): contiene nel mezzo, seduto su alto piedistallo, sant’Andrea, a cui un angelo reca la palma e la corona; a sinistra san Martino, a cavallo, nell’atto di tagliare il suo mantello, e a destra san Nicolò. Al Sassoferrato si attribuisce una Madonnina orante, che è sull’altare della navata destra, ai Gesuiti. Leziosa e superficiale abbastanza per essere opera originale del maestro, potrebbe essere sua, sebbene ci sia piuttosto da pensare a una copia antica (fig. 19).