TESI AUSTRIACHE SUL CARATTERE DELLA CITTÀ 377 città sarebbe divenuta un centro di raccolta degli studenti italiani « e con ciò un focolare di propaganda italiana e repubblicana ». Asserì che il progetto aveva per unica base i pensieri reconditi del partito italiano. Aveva ragione il Costituzionale di scrivere (27 novembre): non si vuole l’università a Trieste, perché non si vuole la « legione accademica ». S’era aggiunto intanto, su proposta del Baseggio, un altro voto della Commissione municipale: quello per l’istituzione di uno Studio matematico-politecnico. Il governo, il 16 e il 22 di dicembre, respinse tutte e due le proposte. Respinse anche la domanda per l’introduzione dell’insegnamento italiano, contro il quale s’era già dichiarato il Salm nei suoi rapporti: egli aveva asserito che Trieste non era città italiana, ma città mista, dove, date le scuole agli Italiani, bisognava darle anche agli altri popoli, perché altrimenti si sarebbe fatta un’opera di forzata italianazione. Trieste — diceva — era>< più una città di commercio che la sede delle muse e delle scienze »: non si poteva, quindi, mettervi più d’un ginnasio e quello che c’era non poteva essere italiano, dato il carattere plurinazionale della città; tutt’al più si poteva introdurre lo studio dell’italiano nelle classi inferiori del ginnasio tedesco. Il governo, infatti, respinse la domanda per il ginnasio italiano a Trieste, annunciando che avrebbe riaperto quello italiano di Capodistria. Mentre il Salm così parlava, non c’era più lato della vita cittadina, da cui non sorgesse viva, limpida e luminosa l’italianità, l’antica latinità del Comune, ora risorta insieme all’anima di tutta {’Italia. Era diffusa ovunque la fede nella Patria. Le sventure si moltiplicavano sui campi di battaglia, la resistenza pareva impossibile. Ma la fede nell’unità e nell’indipendenza della Patria si era ormai radicata nei migliori. « L’Italia sarà fatta », affermava nel Giornale di Trieste il Solitro, esprimendo la fede dei cittadini. E, dopo aver detto, « a noi che scriviamo minaccian sul capo dieci anni di carcere duro », dichiarava: « Certo, è il primo passo; certo il Radetzki sarà cenere e fango prima che il fatale provvedimento si compia tutto; ma il dado è tratto, la causa è piantata; quanto alle conseguenze, non è più che quistione di tempo ». Il governo incominciò a prendere provvedimenti, che preludevano a una reazione più spietata. Il Solitro la sentiva approssimarsi nell’articolo ora citato. Il governatore presentò all i. r. magistrato una