PEK LA LIBERTÀ DELLA NAVIGAZIONE campi e saline devastati e, dentro le mura, la città semivuota e sconquassata, una parte degli odii andava senza dubbio agli Istriani e ai Veneziani, che quelle devastazioni avevano compiute. Ma un'altra parte andava, non meno certamente, a chi aveva posto la città nelle condizione di subire tante sciagure. Ancora nel 1523 i commissarii arciducali dovranno sedare aspre dissensioni e proteggere, con un bando severissimo, contro le offese e le percosse uomini quali Boncino Belli, però anche Cristoforo Francol, il Gero, il Pellegrini, uno dei Wassermann, lo zio del vescovo e altri noti fautori imperiali. Al partito imperiale, rimasto apparentemente solo nella lizza, non rimaneva altro dovere che quello di mettere in gran valore la antiqua et inviolabile fede et servitù serbata all’impero e di farla adeguatamente compensare. Ma, poiché i conflitti con le autorità imperiali, il bisogno di disporre più liberamente della sua sorte e l’isolamento economico-politico, avevano ridatola forma, la personalità, l’egoismo alla comunità, occorreva anzitutto riottenere il riconoscimento dell’autonomia del potere municipale, rifare la repubblica cittadina. La mente politica di Pietro Bonomo insisteva intanto nell’idea che Trieste avesse una missione politica da compiere rispetto alla congiunzione dell’Italia e dell’impero. II Consiglio maggiore si attribuì più vasti poteri durante gli ultimi anni della guerra. Già nel dicembre del 1513, trovandosi a Venezia lo Spinelli per la mediazione della pace, il Consiglio si considerò quasi rappresentante di uno Stato belligerante autonomo e gli mandò oratore Scipione degli Oroboni: questi doveva far presenti allo Spinelli le richieste dei Triestini per la pace, che erano indennizzo per i danni sofferti, restituzione del codice degli Statuti, abolizione del tributo annuo al Doge e a San Marco. Una grande cosa richiese allora il Consiglio della piccola, esausta città: la libertà di navigazione nel mare Adriatico. I Triestini domandarono per la prima volta l’abolizione delle giurisdizioni veneziane, allora già infirmate dai capitoli stretti nel 1510 tra Venezia e il Papa. Era strano che osasse chiedere tale abolizione la città che usava impedire la libertà del commercio terrestre. È tuttavia importante e significativo che il Consiglio avanzasse tale proposta. Mai Trieste era stata più rovinata, più disfatta di allora: però, la ripresa del municipalismo, l’accentuazione della lotta contro gli Istriani e contro Venezia, il bisogno di risollevarsi dal fondo ov’era caduta e