62 LE GUERRE TURCHE corpo. Ottaviano de Cigotti, vicedomino nel 154T, osava tracciare nel suo quaderno di atti ufficiali queste altere e, direi, proterve parole: Al Consiglio obedire il Re se ingeni. Et anche li Seniori e ciò voi il retro Che 7 dritto segua il popolo con suoi ingeni. Quasi a esprimere maggior rispetto verso la città, il governo arciducale inviò capitani non tedeschi: primi Gian Bartolomeo Riccioni (1521-1523), ch’ebbe il Muzio come segretario, e quel conte Leandro Nogarola, che Leandro Alberti chiamava gloria d’Italia e che, venuto nel 1537 a Trieste, quivi morì nel 1545. Era stato preceduto da Nicolò Rauber (1524-1537), che aveva usato prepotenze, obbligando, per esempio, nel 1526 il Consiglio a aggregarsi due membri tedeschi. Il Rauber aveva procurato brighe con Venezia. Il vescovo Bonomo, scrivendone nel 1527 all’Harrach, lo accusò di aver messo a viva forza dei Triestini in una nave e di averli costretti a fare atto di pirateria in mare. Egli e i castellani, che aveva sui Carsi, vessavano con rapine e con estorsioni i sudditi veneti. Se non lo si metteva all’ordine, diceva il vescovo, i Veneti avrebbero chiuso le vie del mare e i Triestini, impediti di approvvigionarsi in terra, sarebbero dovuti morir di fame. Nei primi decenni del secolo si sentirono i contraccolpi delle guerre turche. Nel 1529 « cèrnede » di Trieste -- uomini arrolati nella città — erano state in campo contro il Turco: era morto combattendo uno dei Wassermann. Carpentieri erano stati ingaggiati nella città e mandati a Vienna « a far fuste in sul Danubio » sotto la direzione d’un Veneziano. Più largamente fu impegnata la città nel 1532, ma controvoglia. Gli ordini imperiali la spaventarono: le si ingiungeva di far quel maggior numero di soldati che fosse stato possibile e di mandarli a Vienna; quindi, di dar danari, magari togliendoli dal tesoro del fóndaco. La città fu presa da panico e da ribellione: molti incominciarono a fuggire. Allora il Rauber piantò le ammonitrici forche nella piazza e il terrore fu più forte del panico. Vennero arrolate alcune centinaia di « homeni da remo » per la flotta del Danubio: inoltre, cinquanta fanti, che andarono contro il Turco, comandati dal vecchio Gerolamo Pellegrini e da Tomaso Ustia, cittadino, che dalle armi sarebbe poi passato alle alte cariche nel Consiglio.