XXV. LA ROVINA DELLA CITTÀ Durante la guerra di Cambrai, Venezia fu odiata a Trieste come a Padova, a Verona e nelle altre maggiori città venete: ma, come in queste, essa ebbe anche nella nostra amici, fautori e fedeli. È naturale, tuttavia, che trovasse più nemici che amici a Trieste, dove il suo abbandono improvviso doveva aver suscitato delusione, disistima e rancore anche tra i suoi migliori e specialmente tra quelli che s’erano compromessi. Si aggiunga che i Veneziani, dopo aver tolto, per ovvie ragioni, ogni arma ai cittadini, portarono via alcune antichità, di cui questi erano gelosissimi. Mancavano altresì gli Statuti municipali, presi dal Cappello. Tuttociò irritò grandemente i nobili. Provvidero poi gli Austriaci a farsi odiare quanto i Veneziani, mentre la città decadde in una condizione talmente rovinosa, che per oltre due secoli non potè più riaversi. Quando si scorrano i documenti della vita interna della città, tra il 1509 e il 1514, si sente la drammatica, spesso tragica, esistenza, che essa dovette soffrire. Un pugno di ferro tenne la popolazione, che si dibattè sotto la stretta e fu in continuo fermento ostile all’Austria. Persino alcuni dei più fedeli imperiali si rivoltarono. Dall’altra parte i Veneziani, poiché il partito imperiale continuava a dominare la città, la trattarono come nemica, devastando e distruggendo le sue campagne e i suoi commerci. Si aggiunsero pestilenze e disastri elementari. Quando la guerra di Cambrai fu finita, Trieste era ridotta allo scheletro di sè stessa, né poterono ridarle vita e importanza i favori, onde vollero « compensarla » gli Imperatori. Non passarono due mesi dalla partenza di Francesco Cappello e già i fautori di Venezia credettero di poter approfittare delle pessime condizioni create dagli imperiali, per ridare la città alla Signoria.