I PATRIZI CONTRO I NUOVI MERCANTI 175 — È giusto, aveva concluso il vescovo, ma a patto di limitarsi a un commercio di trippe e boldoni. La città era « infingarda » non pure a causa della sua povertà, ma anche per altre ragioni. Essa era delusa circa i commerci. Era tormentata, altresì, dal timore che, sotto tanti falsi apparecchi commerciali, si seppellissero le sue antiche istituzioni. Nel 17.51 la Compagnia Orientale, già fallita e in liquidazione, ma sempre torte della protezione imperiale, pretese esenzione di dazi. Il Consiglio trovò intollerabile questa sottrazione della Compagnia alla giurisdizione comunale e scrisse una vibrata protesta all’imperatore. Dopo un preambolo di sperticata cortigianeria, scriveva: « Qui appunto, Sacra Cesarea Regia Maestà, cade in ristretto la fatalità, per così dire inesplicabile, dell’infelice città di Trieste, stabilita per sovrano volere in emporio del commercio... Ma non mancano emoli, che sotto specioso manto d’utiliar l’erario della Maestà Vostra Cesarea, quasi fossero li primi negotianti del mondo, et avessero ad arricchire gli stati austriaci, prima d’introdursi al commercio, non che di stabilirlo, già pretendono di regolare il politico, levar l’economico, distruggere il giurisditionale, insomma far nove leggi; et invece di riguardarci come sudditi della S. C. R. C. M. Vostra d’originaria et privilegiata nobiltà, tramano di farci schiavi et a loro soggetti: né si prenda per iperbole questa verità, perché abbiamo l’attestato giurato di tali espressioni. (i Bell’augurio et preludio delle nostre fortune et dei nostri posteri!... Così è S. C. R. C. M., questi sono li disegni di taluni, sempre inimici del pubblico bene di questa città, poiché tendono aH’esterminio della medema, et de suoi patritii, tuttoché usiamo con essi le finezze possibili per renderli affettuosi... ». La protesta andò pivi in là di quanto comportasse l’entità della nuova richiesta della Compagnia Orientale. Ma si riversò in essa tutto il rancore di tanti smacchi sofferti dai nobiluomini del Consiglio e tutto il timore dei malanni, che potevano venire dalle autorità costituite in Carinola. La mentalità dei patrizi, poveri in canna, ma orgogliosi della loro nobiltà e del loro antichissimo governo e dei loro statuti e della loro creduta origine romana, era in urto aspro con quella degli stranieri, che sapevano volere dispoticamente, e degli speculatori, che non conoscevano altro pregio se non quello dell’oro sonante. I mercanti, i nuovi venuti, qualche nuovo arricchito, non tralasciavano occasione per irritare i