IL TUMULTO POLITICO DEL 20 AGOSTO di due circostanze: della grande libertà di stampa assicurata dalla Costituzione del marzo e del fatto che i giurati eletti allora, e a cui sarebbero stati assegnati i processi, erano tutti patriotti. La professione di fede della nuova stampa triestina fu amplissima, animata da vero ardore e da speranze, che le proteste di lealismo non riuscirono a dissimulare se non di fronte agli idioti. I giornali prosperarono nell’ambiente ogni dì più fervidamente italiano. La nuova propaganda portò nuovo ardore. L’eccitazione in città montò. Il 15 agosto la Società dei Triestini compilò un memoriale al ministro Doblhoff, in cui, giusta lo stabilito sistema, rivendicò la fedeltà mostrata dalla città, ma dichiarò che essa fino allora non aveva avuto nessun beneficio dalla Costituzione, fuorché la sospensione della vita municipale e lo stato d’assedio. La sera del 20 agosto quasi improvvisamente, togliendo pretesto da una quistione di uniforme che agitava la Guardia nazionale, fu fatta una dimostrazione di scherno contro quel corpo, che ormai godeva le antipatie della città. Una folla tumultuosa si radunò sotto la casa del Mangiarly, emettendo grida ingiuriose contro di lui. Intervenuta la Guardia, la folla fu respinta verso la pescheria. Ma qui si raccolse in maggior quantità e si fece più aggressiva. Si urlavano ingiurie contro la Guardia nazionale e si gridava evviva all’ Italia, gettando altre acclamazioni di simpatia alla causa nazionale. La Guardia nazionale chiamò d’urgenza la forza militare e questa venne al suo soccorso. Furono usate le armi e parecchi cittadini furono feriti. Il tumulto continuò nella notte. Corse il sangue di cittadini inermi, che furono aggrediti da gente armata. Vi furono dei morti. Trenta persone furono arrestate: alcuni — Adolfo, Antonio e Giuseppe Hònigmann, Giorgio Cetiri, Giuseppe Furlanich, Francesco Chittaro e Federico Bianchi — furono messi in castello come principali aizzatori, poi consegnati alla giustizia. Alcuni furono più tardi condannati. II dì seguente il governatore pubblicò un manifesto « in cui — scrisse il Costituzionale— gettò infamia su i morti e i feriti ». Il tumulto ebbe carattere politico e nazionale, cioè antiaustriaco, e gli elementi «fedeli » credettero veramente che potesse trasformarsi in un’insurrezione. A togliere sinistre impressioni e pericolosi influssi, il generale .Gyulai si affrettò a dichiarare, con un manifesto, che nei fatti del