542 DEMOCRAZIA E LOTTA NAZIONALE La quistione sociale sino allora era rimasta in secondo piano: primeggiava assoluta quella nazionale. Gli uomini del partito liberale, i più e i meno radicali, erano democratici, però soltanto fino al punto, in cui la democrazia poteva danneggiare l’interesse nazionale. L’amministrazione comunale creava tutti gli istituti e le municipalizzazioni imposte dall’andazzo dei tempi: dentro il partito, borghesi e popolani trovavano continui contatti, mantenuti attraverso le grandi associazioni anche quando non v’erano elezioni. Ma gli elementi dirigenti propugnavano, ad esempio, sistemi elettorali, che erano la negazione della democrazia, perché, fondati sul censo e sulle professioni, dovevano guardare il Comune e la rappresentanza politica sia dalla mutevolezza delle folle, sia dall’attacco delle forze compatte dei partiti antinazionali. Il partito dominante, malgrado la massoneria fosse sinceramente sentita da alcuni dei suoi dirigenti, era costretto dalla realtà a fare del mero nazionalismo e questo escludeva la democrazia e specie la demagogia da molte zone della vita pubblica, si fondava sulla necessità di difendere l'idea nazionale tra capitalisti e proletari, unendoli in un solo corpo, presupponeva inoltre non solo molta azione segreta e riservata da parte dei capi, ma anche una disciplina severamente sentita. La lotta rendeva necessario quasi un regime dittatoriale: Felice Venezian lo esercitava col suo comitato ristretto (vi appartennero anche per un certo tempo Carlo Banelli, Lorenzo Bernardino, Guido D’Angeli e più a lungo Riccardo Pitteri) e con pochi amici che aveva giurati a una fede (il direttorio della sala rossa, cosidetto dal luogo, ove ogni giorno si radunava alla Filarmonico-drammatica) e tutti lo accettavano, malgrado suscitasse proteste e malcontento, inevitabili fra gente italiana, anche per la ragione che alcuni ottimi erano esclusi dal comando. La storica azione del partito liberale-nazionale triestino rassomiglia profondamente a quello che oggi è il fascismo, anche perché la parte più giovane e più combattiva realizzò già allora quell’azione, che oggi si chiama squadrismo. Si può dire che l’opera di quel partito, fondato su rigide gerarchie, malgrado i suoi apparenti caratteri di democrazia, fu veramente precorritrice del fascismo. Da ciò s’intuisce quale potesse essere l’antitesi fra il socialismo e il partito nazionale. Mentre la lotta s’inaspriva, agitandosi nell’ambiente così appassionato, i socialisti accusavano i migliori patriotti d’affarismo e di camorrismo, gettando calunnie contro uomini, che vissero