NICOLÒ DE RIN - SCIOGLIMENTO DEL CONSIGLIO 42q Il luogotenente imperiale invitò Porenta, Baseggio e Morpurgo a ottenere una sconfessione dell’atto così altamente significativo. Ma non ottenne nulla. Gli austriacanti andarono sulle furie: Kandler protestava, perché si era mancato di rispetto all’augusta persona dellTmperatore. Ma intanto al De Rin arrivavano a centinata i biglietti di felicitazione e nei patriotti era la gioia d’aver compiuto un alto dovere. In risposta il governo, riconoscendo il valore separatista della manifestazione, sciolse subito il Consiglio. Fra i motivi che mise in campo per giustificare il suo atto fu anche la simpatia mostrata dal Consiglio agli Udinesi, oppressi dalle truppe di Benedek. La superiore autorità ritornarono poi alla carica, chiedendo i nomi delle persone componenti il comitato segreto, che aveva mandato la protesta al Molinari. Questo benedetto comitato, che non si poteva mai afferrare... Che cosa poteva fare il luogotenente Kellersperg? Dire quanto sentiva ripetere a Trieste. Cose certe, di sua scienza, non ne conosceva. Dubitava che Errerà, Curro e Levi, messi in prima linea dal Krauss perché amici del Molinari, fossero i veri responsabili. Il capo di tutta la congiura era, secondo lui, sempre Arrigo Hortis, che teneva le fila di tutto il movimento e stava collegato col Madonizza a Capodistria e con Giovanni Rismondo a Gorizia.Il Kellersperg dava anche lui il suo lungo elenco dei supposti membri del comitato segreto: erano quegli stessi annoverati dal Krauss due anni prima e vi si aggiungevano alcuni altri, il dottor G. Nicolich, il dott. Giovanni Righetti, Felice Machlig, Giovanni Banelli, il dott. Maurizio Costantini, il dott. Sangiorgi. Il governatore sosteneva che il Consiglio comunale aveva voluto mostrare che Trieste era una città italiana e che aspirava all’unione con l’Italia. Rilevava altresì che il partito dominante aveva messo maestri fidati in tutte le scuole, che questi educavano i ragazzi alla rivoluzione e all’odio contro l’impero e che in Piemonte si erano fondate grandi speranze sulla Società di ginnastica. L’episodio sollevò in Italia le più vive simpatie. Con un gesto coraggioso e veramente storico la città era entrata in pieno nella più fiera lotta unitaria. La Gazzetta ufficiale del Regno cercò di mitigare le parole di Lamarmora, attribuendo a esse un valore « diplomatico » e chiamando Trieste « città benemerita della causa italiana ».