6oo LETTERATI TRIESTINI serie (1902-1914) fu condotta con alti criteri scientifici e offre studi del più vivo interesse a storici, archeologi, geografi e filologi. Il Rossetti partecipò, nel 1829, insieme al Kandler, all’Orlandini, al Fontana, all’Hermet, al Lugnani e a altri alla fondazione della Società filarmonico-drammatica, e questa, dopo essere stata una società per dilettanti musicali e filodrammatici (ai quali, nei primi tempi, fu maestro Filippo Casari e per i quali Hermet fece costruire nel 1845 il teatro Corti), divenne la grande associazione della borghesia patriottica, il centro della sua vita sociale e di molte iniziative culturali. Anch’essa si avvia ■ alla celebrazione del suo centenario. Non ripeteremo quanto abbiamo già detto sui caratteri di quell’ambiente prequarantottesco, in cui i « minervali » classicisti e i « favil-latori » romantici si divisero il lavoro, non sempre accordandosi. Da quello uscirono alcuni scrittori di particolare valore. Il maggiore fu senza dubbio Giuseppe Revere (18x2-1889), che tentò di «dar corpo sul teatro all’idea di Giuseppe Mazzini ». Scrisse molto, non tutto di egual valore, ma tutto ispirato da un’anima elevata e da un’idealità fortemente sentita. Oltre al Lorenzino de’ Medici (1839) scrisse altri drammi storici (I Piagnoni, Sampiero, II marchese di Bedmar), più fortunati nella stampa che sul palcoscenico. Alcuni volumi di versi, nei quali è preferito e gagliardamente trattato il sonetto, attestano della sua vera tempra di poeta. È il maggiore che Trieste abbia dato. Delle sue prose, Marine e paesi (1858) ebbero le difficili lodi del Tommaseo e del Guerrazzi. Fu scrittore di lingua purissima. Amato e molto lodato dal Carducci fu Filippo Zamboni (1826-1910), prosatore molto robusto, razionalista e anticlericale fanatico, poeta bizzarro di svariatissima ispirazione, e spesso, tra molte vane fastosità, portato a geniali e ardite concezioni, come nella sua tragedia Roma nel Mille. Di Demetrio Livaditi (1833-1897) si ricordano alcune ottime traduzioni dal greco, le Operette morali, di tipo leopardiano, che piacquero al Carducci, e un Galateo letterario (1877). A fama maggiore arrivò Leone Fortis (1824-1896), che diede al teatro alcuni drammi, parte storici (il già ricordato La Marchesa di Praslins e Camoens), parte moderni a tesi sociale (Cuore ed arte, Fede e lavoro), che si stimarono antesignani di nuove maniere. Insieme al Filippi, il Fortis dominò per lungo tempo l’ambiente letterario e artistico di Milano.