242 I-’lNCORPORAZIONE NELLE PROVINCIE ILLIRICHE combatterono contro i Franco-Italiani. Avevano un battaglione di fucilieri e due compagnie di cacciatori triestini, che, ritiratisi da Palma, attaccarono con audacia la divisione Broussier presso Vipacco, ma furono respinti con gravissime perdite e sbandati. V’erano tra questi Triestini dei veri Triestini, ma v’erano anche elementi stranieri appena stabiliti nella città, tra essi alcuni emigrati francesi. La pace di Vienna (14 ottobre 1809) lasciò Trieste in mano a Napoleone, il quale la incorporò, insieme a quasi tutta la Venezia Giulia, nelle Provincie Illiriche, da lui fondate come un largo e poderoso bastione d’Italia contro l’Austria. La città fu una delle sedi del governo delle Provincie, tenuto successivamente da Marmont, da Bertrand, da Junot, che impazzì a Trieste, e da Fouché. L’Intendenza di Trieste fu il centro dell’Istria e del Goriziano, riunite in una sola provincia. Sparì allora, con le istituzioni francesi, la « cittadinanza triestina », la città immediata e autonoma; sparirono i fasti e i nefasti dello Statuto, forse oltre sei volte secolare. Trieste divenne, non solo per naturale congiuntura dei fatti economici e storici, ma anche per regolare ordinamento giuridico, il centro effettivo d’una provincia più vasta. Nel nuovo periodo francese la città si trovò una volta ancora presa tra il suo materialismo e il suo idealismo: essa ebbe gravissimi danni economici e molti vantaggi morali e nazionali. Il proclama, con cui la neo-istituita « municipalità » annunciò la pace di Vienna, che la toglieva alla soggezione austriaca, fu tutto un’esaltazione dell’avvenimento e dellTmperatore Napoleone. La città non aveva però da felicitarsi del modo, con cui era stata trattata: una taglia di 50 milioni di franchi le era stata imposta, ridotta a 30, e trenta cittadini erano stati arrestati, malmenati e portati a Palmanova, come ostaggi del pagamento. Introdotto il sistema francese, ch’era stato adottato in tutta Italia, sparì, come dicevamo, per sempre l’antico e orgoglioso Consiglio dei patrizi. Di più, fu tolto il porto franco, introdotta la leva militare, importate molte altre novità, che sulla parte conservativa della città, sulla burocrazia, sul ceto commerciante e su quanti vivevano dei traffici pesarono come oppressione. I massimi danni ebbe Trieste nel commercio: fu una rovina. Gli scrittori austriaci fecero apparire tale rovina come conseguenza inevitabile dell’essere stata Trieste tolta all’Austria.