68 LE CONCORRENZE ECONOMICHE « Faccia Iddio che quella infelice città hormai riposi in tanti mali e miserie...-» scriveva lo stesso Rapicio nel 1556. Egli esortava l’Hoyos a pacificare i cittadini: ma il capitano, che delle discordie era una delle cause, delle loro possibili conseguenze si preoccupava molto e faceva accelerare la costruzione del castello di San Giusto. Come Ugo di Duino nel 1389 e Federico III nel 1470. La miseria della popolazione e l’impotenza degli imperiali sul mare erano facilmente stimoli di tutte le agitazioni: la carestia e la paralisi delle forze economiche tormentavano la stragrande maggioranza degli abitanti d’allora, ritornati a settemila anime. I commerci andavano male assai. Non v’era modo di far diventare la città emporio del suo retroterra e i conflitti, che — per gli sforzi diretti a tale fine — erano suscitati, complicavano le discordie e il disordine della città stessa. Nulli sempre i diplomi arciducali, come quelli imperiali. Inutilmente Ferdinando I, nel 1552, aveva comandato ai Carniòlici il transito per Trieste e aveva assicurato nelle sue terre un monopolio ai vini triestini, vietando introdurne d’oltremare e d’oltre Iudrio. Il mercato di San Giovanni era stato rovinato: ma il porto serviva ancora per gli scambi dei Veneziani col Carso e con la Carniola. Anzi, il mercato s’era fatto resuscitare a Senosezza. Altro che la favoleggiata rivalità di Venezia: San Giovanni al Timavo, Senosezza, Corgnale, Muggia, Capodistria, queste erano le rivali della meschina Trieste! Come rilevava nel 1545 il podestà di Capodistria, per l’arenamento dei commerci dei Cranzi influivano anche cause generali, che danneggiavano quella città insieme a Trieste: le devastazioni dei Turchi nell’Ungheria, le guerre incessanti, la concorrenza delle saline di Hall al sale marino. A Capodistria, per evitare una catastrofe, si allettava « il corso dei Cranzi » dando « le robe per vilissimo pretio ». Onde una concorrenza insuperabile per Trieste. La quale aveva talvolta ferro e materie prime in transito, ma trovava nel mare le fuste veneziane, che facevano ostruzionismo con l’esame delle bollette e ponevano tasse. Il problema dell’approvvigionamento, che angustia tanto i grandi Stati dei giorni nostri, era allora il più angoscioso di quanti si dovessero affrontare dalle pubbliche autorità. A Venezia era spesso un problema tragico: motivo per cui essa, con ferreo egoismo, cercava ovunque e comunque potesse il grano per sè e per i suoi sudditi. Gli agenti veneziani percor-