UN’ATTESTAZIONE DI GARIBALDI 415 Foscarini, Alessandro Gallico, Luigi Grusovin, Carlo Marconetti, Stanislao Malossi, Antonio Mauro, Martello (Mertel), Pietro Mosettig, Pietro Petruzzelli, Carlo Pellican, Francesco Pasqualin, Cesare Paderni, Pietro Ravasini, Antonio Rota, Ferdinando Roth, Emilio Roncaldier, Giuseppe Salmona, Guglielmo Solderer, Gustavo de Sneditz, Moisè Sessa, Luigi Tagliaferro, Pietro Taverna, Enrico Tivoli, Antonio Toppan, Carlo e Edoardo Veneziani, Luigi e Antonio Vidali, Luigi Vecchi, Ermanno Wurmbrand, Enrico e Giuseppe Wòlfler e Stefano Zottig. Un volontario triestino di nome Iesenco è ricordato in un registro di valorosi, che sta attorno a un’imagine dell’Italia in una stampa del tempo. Alcuni volontari si trovarono nelle file del Cialdini. Nella giornata di San Leo stettero fortemente al fuoco Demetrio Livaditi e Edgardo Rascovich. Furono nell’esercito regio anche Giuseppe Andreoli, Alessandro Asteo e Giovanni Rosati, distintosi sotto Gaeta. Il « Comitato tergestino », facendo nel dicembre un bilancio dell’anno con un manifesto diffuso a migliaia di copie nella città, asseverava: « Molti dei nostri figli hanno sparso il loro sangue sui campi gloriosi di Calatafimi e di Castelfidardo: molti altri 0 gemono nelle carceri austriache 0 vanno esulando ». L’anno era stato altamente significativo per l’italianità di Trieste. Lo dimostrava anche Carlo Ferrari, rispondendo con queste parole a un giornalista francese che aveva difeso la tesi austriaca: «L’Autriche a eu beau peupler Trieste d’Autrichiens pur sang: la ville est restée italienne. Tout le mond y parle italien; sous le soleil d’Italie les Autrichiens sont devenus Italiens. Trieste a envoyé des sommes considérables au Comité garibaldien. Une bonne partie de ses enfants était avec les vainqueurs de Paierme et de Milazzo. Les dames triestines ont brodé des drapeaux, envoyé des adresses aux soldats de l’indépendance italienne. Ce sont là des faits acquis à l’histoire ». Ma l’attestazione più alta venne da Giuseppe Garibaldi che, scrivendo a Eugenio Popovich e a altri amici triestini, il 10 gennaio 1861, e riferendosi al vessillo avuto dalle donne triestine, scriveva: « La tirannide forestiera non può lungamente allignare in paesi dove, come a Trieste, le donne fanno succhiare col latte ai figli l’odio ai conculcatori della nostra Patria. Quando l’Italia saprà e vorrà rivendicare i suoi confini, non potrà dimenticare anche questa Nizza d’Oriente ».