132 COSCIENZA STORICA DELL’ITALIANITÀ Ireneo polemizzò acre e sarcastico col Valvasor e si disse « costretto a difendere la Libertà triestina depressa da lui ». L’opera gli riuscì riboccante di romanità e d’italianità: monumento dell’orgoglio, con cui la città scaduta vantava il suo nobile passato. Lo storico, di solito fantastico, come abbiamo già detto, e privo di critica, sentì il valore di alcuni problemi storici della città, che rappresentò sempre gelosa del suo sangue romano. Egli ebbe coscienza esatta della verità geografica e nazionale della regione e della città. Descrisse Trieste come città dellTstria e questa come regione d’Italia, fissandone i confini di là da Fiume. Alcune espressioni di Ireneo manifestano quale concezione egli e i cittadini avessero, allora, della missione storico-politica della città. Egli indicò una volta Trieste importante per la sicurezza e conservatione dell’Italia; in un altro punto la disse porta e passo dell’Italia e per questa ragione sempre la prima a sostenere e provare le barbarie. Tanta romanità, tanta plenitudine italiana sembrano quasi una purificazione del peccato commesso, quando alcuni Triestini contaminarono la città dei loro accordi con gli Uscocchi. Anche lo Scussa, narrando prima di Ireneo le cronache di Trieste, riconosceva che la città era ai confini d’Italia ed era una delle città della bella e famosa Italia. Con tutto il territorio e il Carso fossero ormai invasi dagli Slavi e dominati dai Tedeschi e per quanto la politica si facesse in comune con Casa d’Austria, era in tutti i Triestini la coscienza che la loro città e la regione appartenessero all'Italia. Pietro Rossetti, in una corografia della diocesi triestina (1694), facendo cenno d’un contadino della selva del Pero, che aveva diviso in due rigagnoli l’acqua d’una fontana e li aveva fatti correre l’uno verso il Vipacco e l’Isonzo, cioè verso l’Adriatico, l’altro verso Postumia e la Sava, cioè verso il Danubio, mostrava di riconoscere il confine italiano sulla linea di displuvio tra il bacino dell’Adriatico e quello del Mar Nero. Rileviamo anche il fatto di quei giovani triestini che, frequentando le università tedesche, vi si iscrivevano come Itali tergestini, Italiani di Trieste. Nel Seicento si riebbe l’incertezza d’altri tempi nell’assegnare Trieste allTstria o al Friuli. Gli scrittori triestini, in questo riguardo, sono concordi per l’Istria. Due geografi tedeschi della fine del Cinquecento, il Dasypodius e il Reusner, avevano messo Trieste dentro il Friuli: li seguì, nel 1644, un altro geografo tedesco, il Fröhlich. Ma