210 CONDIZIONI DEI PATRIZI E DEI MERCANTI reggimento comunale. Essere o essere stati del Consiglio diventava talora argomento di scherno. Ma i patrizi difendevano duramente i loro privilegi e quelli della città. Poco curando le derisioni degli stranieri, dei materialisti e dei modernisti, continuavano a reclamare quell’autonomia. che allora faceva parte del patrimonio nazionale cittadino, non meno della lingua. Tutti gli elementi che vivevano del commercio ovvero in esso riponevano le loro speranze o la loro fiducia, attaccavano i patrizi e i membri del Consiglio. I quali, alla lor volta, ridotti quasi tutti in condizioni meschine da barnabotti, talora offrivano argomento di giuste e brucianti critiche. Una memoria anonima, rimessa allo Zinzendorf, li investiva con sarcasmo, accusandoli di agire con sensi repubblicani» contro « l’ordine del Principato ». I più erano miserabili e vendevano «ex professo plus offerenti li loro voti», onde la carica dei rettori si comperava, oppure si guadagnava con « brogli et prattiche di fattioni ». Gli uni facevano « capitale d’entrata nella vendita dei loro voti » gli altri « ciecamente si lasciavano guidare dalla malitia et industria dei fattionari». Tale corpo non poteva più governare la città, secondo l’accusatore, anche perché quelli, che ancora avevano il posto, ne abusavano per i loro materiali interessi: una volta non s’erano peritati di pretendere che li poveri cittadini che passavano sotto nome de « cobenzi » vendemmiassero avanti tempo, affinché s’attenuasse la quantità dei vini dolci e così s’avanzasse il prezzo a quelli dei nobili. Sempre fermi nei loro principii, i patrizi del Consiglio nel 1790 affidarono al governatore, che andava a Vienna, di chiedere il ripristino dell’autonomia completa. Presso ai patrizi, negozianti e borghesi s’agitavano per altre ragioni. I primi erano sempre in pena causa l’irregolare e incostante politica commerciale del governo, che pubblicava improvvise modificazioni delle tariffe doganali. Il direttore della polizia, barone Pierantonio Pit~ toni, liberista, stato a Vienna, aveva fatto sentire le lagnanze dei negozianti e aveva chiesto l’intervento dello Zinzendorf. Ritornato, assicurava che questi sarebbe stato in grado « de reparer le coups sanglants qu’on a apporté au commerce par les restrictions et les monopoles ». Amico dei negozianti, il Pittoni non l’era altrettanto dei borghesi. In questa classe influirono rapidamente le notizie venute dalla Francia. II Pittoni non era punto soddisfatto; all’opposto, si sentiva allarmato.