CAMILLO ARA - CARLO BANELLI - TEODORO MAYER 553 Venezian, la cui fibra era stata stroncata dalla sconfitta dell’anno avanti, non vide il successo della sua opera: morì nel settembre del 1908 e fu sepolto, avvolto nel tricolore, con solenne partecipazione della città ai suoi funerali. Dopo una breve direzione di Ettore Daurant, prese molto degnamente il posto di Venezian, come duce della grande lotta, Camillo Ara. Anch’egli operava d’accordo col cosidetto direttorio della sala rossa, ma, più acuto valorizzatore delle forze di cui disponeva il partito, più duttile del suo predecessore e più vicino ai giovani, seppe dare ai seguaci un più libero senso della disciplina, una più sicura volontà di concordia. Ebbe allora una parte efficace il « consiglio direttivo » del partito, piccola assemblea combattiva, formata dai delegati delle associazioni patriottiche. Carlo Banelli provvide con ardente vigore e mediante una perfetta organizzazione a riconquistare larghe masse proletarie. Mantenne i contatti col Re, col governo italiano, con la Dante Alighieri e con la massoneria Teodoro Mayer. Venezian aveva cercato di rendere più utili questi contatti: aveva anzi cercato di introdurre il problema irredentistico nella politica internazionale. E, poiché quell’anno la qHistione d’Oriente, sollevata dalla faccenda della ferrovia del Sangiaccato e dalla rivoluzione turca, minacciava creare la desiderata crisi europea, Attilio Hortis era andato in missione da Clemenceau, presidente del Consiglio in Francia, a esporgli la realtà del problema irredentistico. Intorno a questi maggiori era una folla di giovani, di vecchi e di non più giovani, che collaboravano nei diversi rami della vita municipale e dell’azione politica, dando tutto quanto a loro si domandava, senza chiedere di solito null’altro, se non di avere il diritto di operare. Un elenco lunghissimo ci vorrebbe per nominare quelli che egualmente bene meritarono o come deputati o come rigidi amministratori del Comune o come educatori nelle scuole o come animatori delle associazioni o come organizzatori delle lotte elettorali o come giornalisti o come difensori degli interessi economici della città. Si potrebbe fare un’opera di storia, solo narrando come si formassero e come operassero i comitati elettorali. V’erano ottimi collaboratori anche fra gli impiegati italiani dello Stato, che erano riusciti a salvarsi il posto. Ve n’erano di fidatissimi. In una cassaforte della i. r. procura della finanza fu per lunghi anni tenuto il sigillo, che usava il segreto Circolo Garibaldi, e più tardi carte compromettenti del movimento irreden-