Conquiste all9ignoto verio di ghiaccio, che come un turbine involge tutta la base della diga. Lo scricchiolio forte e continuo della pressione è coperto dal rimbombo di quella smisurata cascata di blocchi, ed il ghiaccio su cui siamo ne trema. Lo spettacolo è imponente, ma noi ci affrettiamo nelPattaccare i cani, diventati nervosissimi, per allontanarcene al più presto ». Malgrado il rischio mortale di quei movimenti imprevedibili, la piccola schiera prosegui tenace: precedevano i due alpini, seguivano i due marinai, affannati e taciti su quel mare cristallizzato. Come nelle fiabe e nei sogni, se non avessero reagito col movimento continuo, anch’essi sarebbero rimasti cristallizzati, piccoli campioni eroici della lontana umanità. Andavano senza tregua per vie tortuose fra canali, seracchi e neve fonda: Aunghi d’alivola slitta, tra un rauco anelare di cani, parevano un arido volo di foglie, che piccolo e solo va con la bufera. Tornò il tempo cattivo e le soste forzate durante le quali gli uomini, fisicamente abbrutiti per lo sfinimento e la sporcizia, giacevano cupi sotto la tenda in attesa di una schiarita che consentisse il cammino. Cagni vigilava: su di lui, guida e comandante, padre e fratello di quei tre fedeli popolani, pesavano tutte le responsabilità: la direzione di marcia, l’orientamento e il calcolo astronomico, il diario e l’orario quotidiano, il razionamento dei viveri e del riposo, la condanna dei cani e la preghiera domenicale. Più grave ancora: la decisione del momento giusto per il ritorno fra la volontà di vincere la partita e la necessità di non restare senza viveri a mezza strada. Spesso, mentre i compagni dormivano, egli vegliava, solo con se stesso, unica coscienza viva sulla banchisa ostile. Allora sentiva pesargli addosso l’attesa del mondo: vedeva il Duca aspettare impaziente laggiù presso la “Stella Polare” prigioniera; sentiva, come una pulsazione del suo stesso cuore, palpitare le speranze del Re e degli Italiani, della mamma e della fidanzata. Non bisognava venir meno all’impegno: