i(>4 INCESSANTI LOTTE PER IL COMMERCIO sava i Triestini « di comprar le uve nei paesi veneti, di cavare il vino specialmente da queste uve, di venderlo poi come proprio vino nato in Trieste »... Nel 1608 gli elementi più agitati della città credettero fosse venuto il buon momento, atteso da tempo, per attaccare la politica veneziana in Istria. Le piraterie degli Uscocchi fomentavano la discordia fra Venezia e Casa d’Austria: la divergenza si faceva sempre più larga. Gli elementi predetti stimarono di poterne approfittare per violare i precedenti impegni: ma fu politica frivola e disperata. Si riprese intanto a vendere in città le merci degli Uscocchi: la Signoria veneta rispose con un blocco moderato. Poi, nel 1609, i Triestini allargarono le saline, d’accordo con la Corte, e ottennero un decreto imperiale, che vietava rigorosamente ai Transalpini di andare per sale e per altre mercanzie in Istria. Onde impedire il commercio contrario a questi decreti, misero sui Carsi « iberaìteri » (guardie a cavallo), uomini armati e persino Uscocchi, che arrestarono, talvolta anche uccisero dei mercanti contravventori, sequestrando loro la merce, che si vendeva poi all’incanto a Trieste. A poco a poco la rappresaglia di Venezia si fece sempre più acre: infine fu proibito ai Triestini « il commercio non solo dei sali, ma di qualunque altra roba solita a contrattarsi et condursi a Trieste per mare ». Una flotta, comandata prima da Alvise Zorzi e poi da Pietro Bondulmier, si presentò dinanzi alla città e la chiuse dentro un blocco durissimo. « L’assedio fu cosifatto, narra il capodistriano Manzuoli, che Tergestini erano redotti in grande necessità di ogni cosa ». Per il che, lasciati di nuovo soli dall’arciduca e costretti anche una volta a umiliarsi dopo essersi avventati in una folle presunzione, cercarono chi li aiutasse. Si offrì come mediatore lo stesso vescovo Ursino de Berti. Il Senato veneto pose come condizione di pace « la libertà de’ passi et del commercio nel termine che erano alla introduttione della saliera », cioè delle nuove saline. I Triestini sollecitarono gli ambasciatori dell’arciduca, quelli dell’Im-peratore e quelli del Re di Spagna, che erano a Venezia, pregandoli « supplicassero » il Doge e ottenessero che. il blocco fosse levato a patti. II che avvenne, nell’agosto del 1610, dopoché l’arciduca si fu impegnato a far sopprimere le saline (costruite contrariamente ai trattati e ai patti vigenti), a vietare l’importazione di sale non veneto nei porti arciducali, a abolire i dazi illegittimi e a lasciar libertà di com-