XXXII. IL PORTO FRANCO L’anno 1679, il governo imperiale pretese dal Comune triestino un contributo annuo di 2000 fiorini, da pagare per un ventennio e che avrebbe dovuto servire a restaurare il castello di San Giusto. Dopo lunghe tergiversazioni, i rettori della città risposero negativamente e, per giustificarsi, fecero un elenco esatto delle spese, che spettavano al Comune. Aggiunsero questo desolantissimo e miserabile quadro della città e delle sue condizioni finanziarie: « Li salariati... non sono pagati o pagati intieramente. Le cento orne di vino che si deve per il solito Tributo a Sua M.st* Ces.a non sono pagate. Non sono pagati li Reverendi padri Gesuiti delli loro quartali; li sig. Solicitatori di Vienna e Gratz delli loro honorarij; né pagate le spese di Poste e Cancelleria; non pagati li regalli fatti in vigor dello statuto à persone con-spicue; non pagate le mercedi a poveri lavoranti; non pagate le robbe prese in questa ed altra botega per bisogno di riparare le case, ed altri publici effetti; non riparate le strade e ponti; non cavati li rivi, e torenti, ch’hanno preso strada fuori del letto ordinario, massime in più parte del territorio e confini. Il Palazzo sta per cadere, le muraglie della Città d’ogni parte minacciano ruina, massime quelle che sono per riparo del porto, et in siti più pericolosi. L’Arsenali sono affatto squasi sprovisti; non pagate tante polize de privati e le spese fatte per il ricorso ultimamente fatto a S. M.,u Ges.a Per causa di ciò non si fanno le solite giostre ed altri publici essercitij per essercitar la gioventù prefissi dal statuto; non si [mandano di qual-ch’anno in qua li scholari al studio di Padova, et altre tante spese necessarie, che si dovrebbero fare, le quali si tralasciano per mancanza de le rendite e stato impossibile che di presente si trova il Publico ». Non si poteva fare una descrizione più malinconicamente angosciata dell’estrema rovina, a cui era giunta la città. Essa, così impoverita e