554 l’irredentismo e la QUISTIONE orientale tistico. È ovvio che non tutti i seguaci di questo erano stinchi di santo e che vi erano dei profittatori: ma v’era un rigore di moralità, un’intolleranza contro chi confondeva interessi propri e patriottismo, quali non abbiamo più visto da allora e forse più non vedremo. Senza la collaborazione incessante e disinteressata, senza il sacrificio di un grande numero di cittadini, la città non avrebbe potuto, non pure resistere, ma nemmeno combattere. L’amore di patria era veramente una purificazione. In generale, nel 1908, gli avvenimenti orientali, scoprendo anche una volta le fatali ragioni di conflitto, che dividevano Austria e Italia nella politica balcanica, e mostrando quanta fatica dovessero usare i due Stati per mantenere l’accordo necessario al sistema triplicista, avevano toccato profondamente il cuore della città, accendendo di nuovo molte speranze. Una volta ancora quistione orientale e irredentismo si toccavano e mostravano di poter fare una combinazione esplosiva. Il socialismo camminò per la strada prevista: i suoi uomini, pur essendo chiusi dentro una città che era attaccata proprio alla sua base nazionale, si dichiaravano « prima socialisti, poi internazionalisti e poi italiani ». Affermavano che l’assorbimento degli Sloveni, cioè la loro ita-lianazione, era violenza e doveva scomparire: che quelli dovevano aver libertà e pienezza di diritti e una loro vita nazionale a Trieste. Peggio, suscitando profonda impressione di sdegno, i deputati socialisti chiesero al principe Hohenlohe l’erezione di una scuola slava in città. Il nazionalismo italiano era per essi una violenza borghese, il nazionalismo sloveno un « diritto proletario ». Essi denunciarono come sperpero il contributo dato dal Comune alla Lega Nazionale, dileggiarono un manifesto degli studenti incitante i cittadini a non mandare i loro figli alle scuole tedesche dello Stato, appoggiarono le pretese avanzate dagli Slavi per avere scuole a Gorizia. Venne la gravissima crisi orientale del 1908 con l'annessione, della Bosnia e con la mobilitazione austriaca: i deputati socialisti, presi ormai dentro l’orbita della politica viennese e ossequienti agli ordini degli Austro-tedeschi che erano a capo del socialismo austriaco, fecero quella politica, che Claudio Treves, rinfacciandola al Pittoni e ai suoi, chiamò allora « puro nazionalismo austriaco ». Si sviluppò il cosidetto « i. r. socialismo triestino », che era necessariamente tale, perché i socialisti senza l’aiuto del governo non avrebbero potuto tenere