XLI. LO SVILUPPO DEI COMMERCI È opinione corrente che lo sviluppo di Trieste rappresenti un fenomeno che tiene del sorprendente e quasi del fantastico. Fu invece moderatamente graduale e si realizzò attraverso enormi difficoltà e con pena incessante dei cittadini. L’aumento della popolazione e dei traffici a Trieste rimase dentro proporzioni molto minori che in altre città. Più vasto fu il movimento interno delle energie cittadine, più mirabile la potenziazione delle forze economiche locali. Nei decenni anteriori al 1848 abbiamo veduto il governo austriaco irritare persino i suoi uomini, come lo Stadion, per la totale incuria mostrata verso il porto di Trieste. Il sistema continuò fino ai primi anni dopo il 1890: quando mutò, le differenze non furono molto importanti. Mai mostrò il governo austriaco vero interesse alla città e al porto per sè stessi: cercò soltanto di sfruttarlo a beneficio della Monarchia. Il che poteva essere giusto, secondo gli interessi dello Stato. Il motto dell’Austria, allorché ebbe occupato il Lombardo-Veneto, era stato: « sfruttiamo l’Italia ». Valse tale principio anche a Trieste: si doveva cercare anche qui, secondo gli atti vecchi delle cancellerie di Stato, « la migliore utilizzazione della provincia italiana per il bene della Monarchia ». Era naturale, del resto, che il governo si tenesse a questa linea. Le relazioni fra la città italiana e il dominatore straniero erano di carattere talmente ostile, era così insormontabile la differenza che li divideva sul principio della nazionalità, che il governo doveva essere tratto a giudicare e ad agire ab irato. Inoltre, finché città italiana e Stato mistilingue erano due entità opposte e avverse, era ovvio, che al centro dello Stato prevalessero unicamente gl’interessi dello Stato medesimo