172 STUDI SUL PROBLEMA TRIESTINO l’insuccesso della fiera. Egli chiedeva una regolazione e una semplificazione delle tariffe doganali, ma soprattutto la costruzione di navi e l’impianto di nuove industrie nel porto e nel suo retroterra. Il Gauna era esatto e chiaro: « Il vero stabilimento del commercio consiste in quello della marina, dell’arti e manifatture e in far valere le immense produtioni delli Stati hereditarij ». Nulla di tutto ciò era stato fatto sino allora. Diceva ancora il Gauna, che bisognava scavare il porto, fare dei magazzini e costruire sui fondi delle saline una città nuova: questa, profetizzava, « diventerà senza fallo tanto gradita, deliciosa e mercantile quanto alcun’altra del Mediterraneo ». Nel dicembre del 1730 il veneziano Giovanni Antonio Widman presentò allTmperatore un rapporto polemico, di cui esiste anche un’ottima elaborazione tedesca dell’anno seguente e che contiene tutte le obiezioni, che si facevano contro l’introduzione del commercio a Trieste, e la loro confutazione. Il Widman era molto ottimista: gli insuccessi di fino allora non lo impressionavano, perché Yintroductio commcrcii maritimi non gli sembrava res parvae molis. Le presunte rovine d’un molo romano al Campomarzio lo facevano sperare, che si potesse rinnovare nel futuro quello che era stato nel passato. Vero che il retroterra immediato era sterile: ma si potevano prendere in considerazione tutti gli Stati ereditari, purché si facessero buone strade. Se il porto era piccolo, aveva però buon tenedor per ancoraggio e si potevano far canali. Si istituisse una scuola nautica per avere uomini esperti. Venezia dal 1717 non faceva più seri ostacoli: si studiasse il suo commercio levantino e si istituissero eguali relazioni con la Germania via Trieste. Questo porto bastava agli stati austriaci: ma bisognava difenderlo contro eventuali ripetizioni del caso Forbin. All’obiezione, che per il commercio con l’Italia bastasse la via del Tirolo, rispondeva la memoria, che al commercio per mare non si ponevano limiti, che il problema era « se il mare di Trieste si dovesse lasciare in ozio 0 mettere in attività » e che alle spalle di questo porto stava vastum continens Monarchiae germano-austriacae e, di fronte, gli Stati che l’impero possedeva in Italia, economicamente disposti agli scambi. L’organizzazione della fiera non doveva diventare il punto centrale della quistione, poiché doveva essere assicurato al porto non un concursus ad cerlum et finitum tempus, bensì un perpetuus concursus mer-