LA MORTE DI GARIBALDI - ELEZIONI DEL l882 49I Il governo stesso s’incaricò di inasprire il sentimento della città, violandone, con grossolana irriverenza, i diritti più santi nel giugno 1882, quando essa volle manifestare il suo dolore per la morte di Giuseppe Garibaldi. L'Indipendente fu ripetutamente sequestrato. Alcuni cittadini, acciuffati a casaccio tra la folla che si era radunata sotto il consolato italiano, furono dati alle prigioni. I teatri rimasero chiusi e la polizia li volle aprire a forza. La Società ginnastica fu sciolta, perché in segno di lutto aveva sospeso una festa già indetta. Alla Società del Progresso fu proibito di commemorare l’Eroe. Fu disciolta un’adunanza pubblica, dove Antonio Vidacovich aveva incominciato a parlare di Lui. Nel giugno fu rinnovato il Consiglio municipale e al governo riuscì ancora di bilanciare le forze, con l'aiuto di quattro Slavi eletti nel territorio: ciascuna delle due parti ebbe 27 membri eletti. I liberali, però, non soltanto tennero quei due « corpi » che rappresentavano le classi dell’intelligenza, la borghesia media, l’artigianato libero, gli esercenti e gli impiegati del Comune, ma fecero spuntare, con grande entusiasmo cittadino, due patriotti, Giovanni Benco e Bartolomeo Biasoletto, nel terzo «corpo », dov’erano ammassati gli impiegati dello Stato. Il governatore, che aveva sequestrato il manifesto elettorale del Progresso, dichiarò che la lotta era stata « veemente ». Il luglio annunciò più gravi avvenimenti. Un gruppo di giovani, consigliato da Edgardo Rascovich, tentò dar fuoco al cantiere dell’espo sizione, ma non riuscì, sfuggendo appena alla cattura. Invece riuscì la beffa a una società austriacante — 1’ « Unione operaia » — che il 30 luglio doveva inaugurare una bandiera donatale dall’arciduchessa Sofìa e non la trovò più: Giovanni Veronese l’aveva involata e bruciata nella notte. L’agitazione era così nervosa e crucciosa non solo in città, ma anche fra gli emigrati, impressionati soprattutto dall’annunciata visita di Francesco Giuseppe. Il gruppo della Gioventù libera triestina, quello del Circolo Garibaldi, fondato da Giuseppe Fabris e da Giacomo Vene-zian, non meno del Comitato triestino-istriano dell’emigrazione, pensavano che l’avvenimento non dovesse passare senza che un grande fatto imponesse all’attenzione dell’Italia e dell’Europa il problema delle terre irredente. Congiurarono con passione i giovani, che a Roma si raccoglievano attorno a Aurelio Salmona e sentivano fortemente l’influsso di