UNA PERPETUA CONTRADDIZIONE III nei più vantaggiosi porti istriani. L’unico profitto da una vittoria austriaca sarebbe stato il libero commercio del sale a Trieste: questo avrebbe certo avvantaggiato i Petazzi, i dell’Argento, i Leo, i Francol e altri ricchi proprietari di saline e commercianti di sale: ma — i fatti posteriori al 1584 lo provano — alla città avrebbe dato la importanza che aveva Pirano. Non altro. Ragusa — ripetiamo — era ricchissima, malgrado le sue navi obbedissero a tutte le leggi che Venezia imponeva nell’Adriatico, solo perché aveva capitali e credito e i favori del retroterra e dava tutte le desiderabili facilitazioni ai mercanti. Tutto ciò mancava a Trieste: la quale, ermeticamente chiusa nei suoi Statuti anche in materia di commercio e di navigazione, povera di capitali e di risorse e dotata di un piccolo porto, non sapeva rendere il suo scalo più vantaggioso e più fornito di quegli istriani e si consu mava in una disperata politica di salinari. Venezia non si opponeva al controllo arciducale sul commecio, che correva per le vie dei Carsi: trattava, se i dazi protezionistici erano troppo alti, per mitigarli, ma non ne negava la legittimità. Si opponeva però recisamente alla chiusura delle strade. Così sul mare, essa non proibiva il corso delle navi e non chiudeva gli itinerari: ma esigeva si rispettasse il suo diritto di controllo e di fisco. Trieste, invece chiedeva monopolio e chiusura di strade sui Carsi, però libertà sul mare. Era in perpetua e inutile conT traddizione. Intanto, poiché la giusta protezione che Venezia assicurava agli Istriani le era fatale, e poiché essa voleva rimanere nelle sue condizioni d’autonomia politica, fuori di San Marco e in dominio del suo Consiglio, i fautori dell’arciduca predicavano l’odio contro la Repubblica e propugnavano, con la Corte, la libertà della navigazione. E questo principio, che trovava larghe simpatie in tutto l’impero e specialmente nella Corte romana e nel Regno spagnolo delle Due Sicilie, interessati negli affari adriatici per le Marche e per la Puglia, forniva alla Corte di Vienna un ottimo pretesto per guadagnare favori e simpatie alla sua guerra. Né la Repubblica di San Marco, né la Corte austriaca riuscirono a vincere la guerra, che fu detta di Gradisca. I due eserciti stettero oltre due anni l’uno di fronte all’altro sulla linea dell’Isonzo, combattendosi continuamente. L’esercito dei Veneziani aveva conquistato il ciglione del Carso friulano da monte san Michele a Doberdò, ma non