214 IL DIALETTO - L’ARCHITETTURA DELLA NUOVA CITTÀ cu menti massimi certi dialoghi in dialetto triestino pubblicati dal Mainati sul principio del xix secolo, ma sono di autenticità molto dubbia. Se il Mainati meritasse fiducia, questo dialetto ladino sarebbe stato pienamente sommerso dal veneto alla fine del Settecento o poco dopo. II Vidossich, che ha pubblicato un sonetto del 1796, scritto in dialetto ladino-triestino quant ch’an consacra vescovo de Triest monsignor Buset, ha rilevato, da altri fatti, come alla fine del secolo il triestino non potesse più avere la grande affinità col friulano. Quel po’ di vita artistica o culturale, che s’ebbe nel xvm secolo, fu esclusivamente italiana. Il maggior contributo alla civiltà fu dato dalla città, e istintivamente e consapevolmente, con la difesa e col salvamento del suo carattere italiano. Fu opera di alto significato e d’importanza storica nazionale grandissima, trascendente senz’altro le intenzioni e la valutazione dei contemporanei: le sue conseguenze e i benefizi si estesero alla vita di tutta la Nazione sino ai giorni nostri. D’arte, poche cose. Il duomo fu restaurato nel 1712 e nel 1775: o l’una o l'altra volta fu compiuto un restauro della cupola nella nave destra, costruendo quella parete convessa con archi ciechi, che dà sulla nave stessa. Il vescovo Miller, tra il 1700 e il 1712, fece costruire nella nave del Santissimo una « cappella lauretana », imitando quella di Loreto: fu abbattuta nella prima metà dell’Ottocento, perché ingombrante. La formazione d’una città nuova fuori le mura avrebbe dovuto favorire l’architettura, se non fosse sorta fra tanto materialismo e con tanta fretta. Nei lavori del porto e nella sistemazione della « città tere-siana » lavorarono intorno e dopo il 1762 parecchi « architetti »: J. C. de Gerard, Massimiliano Fremaut, certo Baisson, Rodolfo Deretti e l’udinese Giovanni Fusconi. Questi fu molto attivo e, malgrado la bruttezza della Locanda grande da lui costruita, fu un buon architetto. Anzi, considerando alcuni suoi piani, si può dir che Trieste abbia perduto qualche occasione di diventare bella. All’Hofkammerarchiv di Vienna c’è un progetto presentato dal Fusconi, nel 1762, per quella che doveva essere la « piazza delle due fontane » e divenne invece la piazza del Ponterosso: la fontana, che v’è ancora, aveva un riscontro dall’altra parte, dove si doveva erigere la vasta mole d’una chiesa. Caduta l’idea della chiesa, il Fusconi aveva progettato un bel palazzo per la famiglia Rossetti. Nello stesso archivio è altresì il disegno d’una elegante casa, di tipo veneto,