COSPIRAZIONI E PROGETTI DELLE SÈTTE 3«5 dell’Italia superiore. Se ne accorse presto l'Austria, che, dopo il 1840, non senza motivo, mandò come presidente del Tribunale a Trieste Paride Zaiotti, l’inquisitore dalla triste fama, avversato dai patriotti per la sua severità. (ìli archivi ancora enesplorati non ci permettono di conoscere l’opera da lui compiuta. Venne in un ambiente, dove si cospirava e si lavorava sempre più attivamente per la propaganda delle idee liberali. La polizia di Venezia nel 1842 indicava Trieste come centro dello smercio e della diffusione dei libri stampati a Capolago. Lo Zaiotti doveva conoscere a sue spese quanto fosse ardente la passione delle società segrete e cospiranti per la patria anche Trieste. Egli morì improvvisamente il 29 dicembre 1843, poco dopo essere ritornato a casa dal Tribunale. La polizia, latta fare l’autopsia, smentì recisamente la voce d’un assassinio politico, subito diffusa. Narrava invece il Machlig che lo Zaiotti, giunto alla porta di casa, vi aveva letto, scritte col gesso, delle parole oscure, che gli dicevano: « Tu credi di vivere, ma tu porti in te la tua morte >•, e che infatti era stato avvelenato, per vendetta del male fatto ai patriotti italiani. Non è questo il solo atto manifesto della continuità delle cospirazioni. Nell’agosto 1844, un confidente avvertì la polizia di Venezia, e questa la polizia di Trieste, che il partito liberale d’Italia, in occasione del prossimo viaggio dell’Imperatore a Trieste, vi aveva spedito emissari, « onde essere istruito di quanto potrà riferirsi all’oggetto di questo viaggio ed eseguire gli ordini della sètta... ». Un’informazione successiva diede i nomi delle persone che sarebbero dovute venire a Trieste per compiere l’attentato: erano Gustavo Berardi, Zelfirino Orioli, Raffaele Carbonio e Gaspare Grozet. Ma nessuno si fece vedere nella città difesa dalla polizia. Nell’ottobre il confidente, che la direzione di Vienna teneva a Ginevra, diede un altro allarme: gli esuli italiani, che cospiravano in ¡svizzera, meditavano un colpo di mano su Trieste. Volevano impadronirsi della città e da qui tentar di rivoluzionare l’Italia e i popoli slavi dell’Austria: dovevano parteciparvi anche elementi rivoluzionari d’altre nazioni. Anzi, alcuni polacchi erano già stati mandati alla spicciolata a Trieste. Ma i rivoluzionari tedeschi rifiutarono il loro concorso, e gli italiani, dopo un periodo d’incertezza e d’insincerità, lasciarono morire l’idea di cosi eccentrica avventura. Storia di Trieste, vol. II. 20