220 L'ACCADEMIA DEGLI ARCADI E LA BIBLIOTECA francese Champion, e il Piermarini, che, venuto a Trieste, progettò di abbattere il Palazzo comunale (teatro di san Pietro) e costruire su quel posto, con grande spesa, il desiderato teatro nuovo. La direzione edile dell’intendenza accettò il piano del Bobolini, ma lo mandò al Piermarini, perché lo esaminasse: questi infatti diede il suo giudizio, proponendo parecchi mutamenti. Dalla discussione dei progetti non si passò tuttavia alla loro realizzazione. Nel 1792 si discuteva di nuovo un progetto del Bobolini e nel 1793 si rimandava tutto a tempi migliori, tanto più che il barone Pittoni trovava sufficiente per la città il teatro di san Pietro. Ma quando il governo smise le sue intenzioni, vennero di nuovo offerte da privati, dal negoziante M. G. Tommasini prima, da altri negozianti poi, che volevano interrare il Canal piccolo e sopra innalzare l’edificio. Anche allora, non si uscì dalle carte e dalle buone idee. Di qualche grado e di qualche merito s’elevò l’operosità intellettuale nel 17S2, essendo avvenuto il trasferimento dell’Accademia degli Arcadi romano-sonziac.i da Gorizia a Trieste. Essa ebbe una biblioteca e formò un centro di radunata per gli uomini di buona volontà: a molti fece venire l’estro di coltivarsi. Nel 1703 la biblioteca fu donata al Comune, che l’accettò con intenti diretti <> a formare l’intelletto della gioventù nello stato mercantile ed a procurargli aiuti per l’estensione di quelle cognizioni che conducono all'ingrandimento dell’industria ». Commercio e industria: le supreme preoccupazioni del tempo. Questa prima raccolta formò il nucleo, da cui si sviiuppò l’odierna Biblioteca civica. N’ebbe particolare cura, allora, il toscano Giovanni Coletti, venuto da Gorizia, che impiantò una tipografia e, nel 1783, diede fuori ¡'Osservatore triestino, giornale che vive tuttora. Naturalmente, l’Arcadia covò molti poetini e oratori d'occasione, i quali, per essere piccoli, usavano stile e imagini iperboliche: bell’esemplare quell’anonimo che, nel 1779, per esaltare la formazione della guardia civica, intitolò la sua orazione Marte dimorante a Trieste. Pochi e insignificanti gli autori. Il già nominato Casimiro Donadoni, che lasciò alle stampe, oltre alla relazione sul porto franco, una narrazione della visita fatta, nel 1728, da Carlo VI. Adoprava anche cortigianescamente il verso. Presso al Giuliani trattò argomento economico Samuele Vital, esperto nelle assicurazioni. U11 Alessandro de Fin, nella seconda metà del secolo, si distinse, fra gli Arcadi sonziaci, e con poesie