LA CONFERENZA DI CORMONS 97 Le due quistioni — specie la prima — si trattarono in frequenti e varie conferenze. La più importante avvenne il 1563, mentre l’infelice impresa di Corgnale e la lotta dei Triestini contro i mercanti austriaci avevano ripercussione in un inasprimento del controllo marittimo esercitato dalle barche armate nel Golfo. Quell’anno la conferenza si tenne a Udine e poi a Cormons. Vi rappresentarono il governo arciducale due Tedeschi e con essi il giurista Giacomo Campana e, dati gli interessi triestini, il vescovo Andrea Rapicio. Nel gennaio Ferdinando aveva invitato i Triestini a comunicargli i gravami che avevano contro il dominio marittimo veneziano. La Informaiio circa liberavi navigationem di Gerolamo Garzoni (vicario del civile a Trieste nel 1563), che si trova a Vienna, è probabilmente la risposta del Consiglio. Il Senato veneziano, oltre a due procuratori, ebbe principale oratore Giacomo Chizzola. La conferenza, ili realtà, si svolse così, che ci sembra un contradditorio fra Venezia e Trieste, poiché le ragioni arciducali furono sostenute dal Rapicio e furono ragioni essenzialmente triestine. Il Rapicio affermò, che il mare doveva considerarsi «comune e libero a tutti». Interpretò il trattato di Worms e quello di Bologna del 1529, asserendo che esso, quando diceva genericamente, che i sudditi di tutti i paesi potevano navigare sull’Adriatico « libere tute, atque secure », intendeva affermare che potessero navigare anche « senza pagamento di gabelle e senza esazioni », che potessero quindi solcare il mare verso tutti i porti e tutti i paesi senza essere soggetti, in mare, alle leggi e alle imposizioni di alcuno. Mostrò egualmente quanta molestia avessero i naviganti sudditi dellTmperatore dai sequestri di navi fatti per contrabbando: assicurò che v’erano più di quattrocento proteste a quel proposito. Rispose al Rapicio il consultore di San Marco, Chizzola. Disse non essere pattuita maggiore libertà sul mare che sulla terra, di modo che i sudditi veneziani non avevano più libertà nelle terre austriache, che gli austriaci nelle acque di Venezia. In tèrraferma i mercanti veneti erano costretti a passare per le vie indicate dal governo austriaco e dov’erano le sue dogane: se la Cesarea Maestà faceva pagare dazi sulle vie delle sue terre, era naturale li facesse pagare Venezia in quelle del Storia di Trieste, vol. II. 7